Daniela Nicosia: Galileo

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Dal 15 al 17 gennaio 2013 il palcoscenico del Teatro Due ospita Galileo, con testo, regia e scene di Daniela Nicosia. Ad interpretarlo due soli attori, Solimano Pontarollo e Piera Ardessi, che affollano la scena di numerosi personaggi, saziando lo spettatore con la vicenda galileiana che ritrae l’essere umano nella sua ansia di ricerca, cullato dalla piacevolezza della sua facoltà peculiare, il pensiero.

Galileo

Testo, regia e scene: Daniela Nicosia
Con: Solimano Pontarollo e Piera Ardessi
Consulenza musicale: Paolo Da Col
Luci e suono: Paolo Pelllicciari
Scenotecnico: Luigino Marchetti
Costruzione oggetti di scena: Luigi Bortot
Realizzazione costumi: Atelier Raptus & Rose
Una produzione: Tib Teatro

Dal 15 al 17 gennaio 2013 – Teatro Due, Roma

Una filastrocca recitata dalle incerte parole di una bambina e la voce sognante di Nat “King” Cole: così Daniela Nicosia decide di aprire il suo spettacolo, prima ancora che le luci riscaldino il palcoscenico e che i personaggi vi facciano la loro comparsa. A partire da questa scelta è già possibile carpire il presagio di quella che sarà la sua visione dell’uomo che fu Galileo Galilei, nella sua ingenuità ed emotività. Di questo individuo, come di tanti nel corso della storia, si conosce universalmente la rivoluzionaria esistenza, e la sua lucente opera offusca ai più una conoscenza più approfondita delle zone in ombra della sua vita. Proprio a queste zone Daniela Nicosia ha voluto dare risalto, ritraendo, nella sua sceneggiatura, Galileo con le sue inquietudini, con i suoi affetti e con le sue emozioni, insomma, con la sua umanità.

Ad interpretare Galileo è Solimano Pontarollo. Con lui lo scienziato diventa uomo. La sua passionale recitazione manifesta al pubblico come il pensatore sia guidato nei suoi ragionamenti, più che da meccanici sillogismi, dall’emozione per la ricerca. Gli occhi brillano sognanti nella contemplazione di orbite ben più lontane, i muscoli fremono e le vene affiorano sulla pelle quando l’attore ritrae Galileo nelle sue rabbiose invettive contro un mondo esterno che sente ostile. Corpo meravigliosamente espressivo, quello di Solimano Pontarollo, grazie al quale ancora di più il pubblico si rende conto di essere di fronte, non alla vicenda di un uomo, ma alla vicenda dell’Uomo.

Ad affiancarlo sulla scena è Piera Ardessi, alla quale sono affidati i ruoli delle quattro donne che compaiono al fianco di Galileo: la madre Giulia Ammannati, la figlia Virginia, all’ordine Suor Maria Celeste, l’amante Marina Gamba, e la governante, che lo affianca fino agli anni della cecità. Nella sua versatilità, Piera Ardessi non si aiuta con maschere o cambi di costumi, ma solo con il mutare della parlata dialettale, o del tono, o con accorgimenti minimi nel vestiario, forse addirittura “superflui” per guidare lo spettatore già appagato dalla sua straordinaria mimica.

Centrale è dunque il rapporto di Galileo con le donne che lo accompagnano durante la sua esistenza, ed è interessante notare come con ognuna di loro il protagonista si relazioni in modo differente: la madre, tesa ad ostacolarlo nei suoi interessi di matematica, manifestando la continua insoddisfazione per il figlio, lo induce fin dall’adolescenza alla critica di se stesso e all’amore per il dubbio; la governante, simbolo dei suoi contatti con l’esterno, è la voce del mondo che lo osserva e lo giudica spietatamente; a lei si rivolge in modo ostile e con lei lo scorbutico Galileo sfoga la frustrazione nell’accorgersi di quanto divario vi sia tra il cammino che lui sta immaginando per la mente dell’uomo e l’umanità che lo circonda; Virginia, la figlia prediletta, è complice della sua intimità; a lei il grande pensatore confida le inquietudini e le speranze più profonde e più fanciullesche, che ad altri non può mostrare; e infine, Marina, la compagna di una vita, è la Bellezza da cui è alternativamente attratto e intimorito.

La mutevolezza che Galileo scopre nella volta celeste è quindi anche in lui, nella sua natura umana. «Tutto è in costante movimento!» afferma Galileo, e mai ne sarà più consapevole che nel momento dell’abiura, quando si muoverà dalla fermezza degli ideali fino a quel momento sostenuti, tenendo per sé la verità conquistata e mostrando al mondo quella che il momento storico pretendeva. Nessun giudizio quindi questa volta, per quest’uomo giudicato da secoli sulla scelta di rinnegare, ma una grande presa di coscienza affinché il divenire in cui è posta l’esistenza umana non sia un succedersi di tesi e antitesi che a vicenda si elidono, ma un costruttivo processo dialettico.

«Virginia: Ce n’è solo una di verità?

Galileo: Finché non se ne scopre un’altra.

Virginia: E allora quella di prima diventa una bugia?

Galileo: Non proprio…»

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Redazione

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