Delirio a due

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Dall’11 al 21 aprile va in scena alla Casa delle Culture, Delirio a due di Eugène Ionesco, tradotto e riadattato da Pina Catanzariti. Un ritratto fedele dell’ottusità umana, e allo stesso tempo un’opera nella quale Ionesco racconta la stupidità, spesso comica ma intrinsecamente disperata e avvilente degli esseri umani, incastrati nelle loro abitudini e nelle tristi banalità; a tal punto chiusi nei loro pensieri e nei loro egoismi da non riuscire a dare un senso e men che meno ad aprirsi a ciò che accade loro intorno.

Delirio a due

Di: Eugène Ionesco

Traduzione : Pina Catanzariti

Regia: Marcello Cava

Con:  Marco Carlaccini e Patrizia D’Orsi

Colonna sonora: Andrea Petricca

Video audio e luci: Giuseppe Romanelli

Produzioni: Alyax soc. Coop., « Progetto Ionesco 2013 », La Barraca soc. Coop.

Dall’11 al 21 aprile 2013 – Casa delle Culture, Roma

www.alyax.eu

Era il 1962 quando Eugène Ionesco pubblicò Delirio a due; sebbene questa sia rimasta tra le opere minori dell’autore franco armeno, vi si possono facilmente riscontrare i tratti essenziali della sua concezione del teatro: conflittualità, contradditorietà, assurdità. Il linguaggio sostituisce l’azione, la forma teatrale per Ionesco diviene un teatro-testo che mette in evidenza l’incapacità dell’uomo a comunicare, a capirsi e a capire l’altro.

A cinquant’anni dalla sua pubblicazione, ecco una messinscena sperimentale del testo di Ionesco, tradotto e adattato da Pina Catanzariti, con la regia di Marcello Cava: una coppia – Patrizia D’Orsi e Marco Carlaccini – si logora nel delirio dell’abitudine quotidiana in un gioco al massacro, in un continuo botta e risposta ritmato dall’inizio alla fine da rumori e suoni in sottofondo – spari, bombe, passi, rumori sconnessi – che si presentano dunque come il terzo personaggio, ovvero il mondo esterno.

Uno spettacolo di 40 minuti in cui lo spettatore si ritrova ad assistere ad una diatriba tra un lui e una lei, caratterizzata da luoghi comuni, tecnicità maniacale del vocabolario, battute brevi, o brevi monologhi, per mostrare come il linguaggio, invece di essere strumento di comunicazione, diviene un ostacolo che non permette l’instaurazione di scambi verbali tra i due personaggi protagonisti. Insomma questi due del titolo dell’opera non si ascoltano. Forse per solitudine, forse nemmeno loro sanno perché ma comunque per farsi forza si cercano, stanno insieme. Questa è un’affermazione terribilmente brutale: loro stanno insieme per litigare, o peggio ancora per noia. Lei continuamente rinfaccia all’attuale compagno una serenità che col marito possedeva e con lui no; prova malinconia per quello che non c’è e se ci fosse, ovviamente non sarebbe comunque soddisfatta. E lui, costantemente tra il dentro e il fuori, proprio alla soglia di una finestra e della porta di casa, tra la curiosità di uscire fuori e l’attendere costantemente un momento migliore per farlo.

Il loro è un rapporto esplicitamente reale ed è reale anche l’attacco dal mondo esterno. La loro reazione rispetto a questa guerra che viene da fuori, ovviamente in modo caricaturale, è la stessa reazione che avremmo noi davanti a una guerra lontana, che vediamo in televisione.

Delirio a due è un testo che nella storia del teatro è stato etichettato come teatro dell’assurdo, e nel ’62 queste situazioni a teatro potevano davvero risultare assurde. Ma se oggi ci fosse Ionesco probabilmente lo definirebbe uno spettacolo realistico: fuori scoppia la guerra, arriva fino alla loro porta e rompe pure le finestre di casa, e infine arriva anche la pace, ma loro sono preoccupati sempre e solo delle loro piccole scaramucce e si punzecchiano come una qualsiasi coppia scoppiata di oggi. La realtà caratterizza ormai quello che veniva considerato assurdo cinquant’anni fa.

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Redazione

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