Diana Vreeland racconta la sua incredibile vicenda umana e professionale, dalla redazione di Harper’s Bazaar al timone di Vogue, fino alla sezione costume del Metropolitan. Con verve e ironia la regina dell’alta moda mondiale ricostruisce il suo mito.
Titolo: D. V. La leggendaria direttrice di “Vogue” racconta se stessa
Autore: Diana Vreeland
Editore: Donzelli
Anno I ed. : 2012
«Sono sicura di aver scelto di nascere a Parigi. Sono sicura di aver scelto i miei genitori. Sono sicura di aver scelto di essere chiamata Diana. E sono sicura di aver scelto di avere una governante di nome Pink. Non chiedetemi gli altri suoi nomi. Chi si chiama Pink non ce li ha».
L’imperatrice della moda chiude con queste parole la sua autobiografia, inserendo l’ultimo pezzo del puzzle. Da una rete di racconti, aneddoti e riflessioni, che rappresenta la mappa di un secolo, più che la narrazione della sua esistenza, Diana Vreeland fa emergere infine la sua convinzione più pura. Con leggerissimo determinismo e matura presa di coscienza, Diana ripercorre la sua vita nella consapevolezza del particolare incastro che l’ha resa così speciale: l’educazione ricevuta, le frequentazioni stimolanti, la governante “colorata” e Parigi, la sua città. La città dove ha avuto inizio una storia che sa di leggenda.
Le pagine scorrono veloci e divertenti, mentre Diana ci fa dono dei suoi ricordi: ci narra la serenità della sua infanzia, l’adorazione per la sorella dagli occhi viola e il rapporto controverso con la madre, donna bellissima. Diana sa bene di non assomigliarle nell’aspetto, ma che importa? Ha ereditato la sua classe, e in più ha estro, fantasia, determinazione. E una straordinaria curiosità. Tutte doti che la porteranno lontano nel mondo della moda, il mondo di cui Diana ha sempre fatto parte, almeno nella sua immaginazione.
L’Occhio di Diana è totalmente intriso di Moda: ogni sua analisi è plasmata dalla moda e ogni suo ricordo è legato ad essa. Il fenomeno moda si fa dunque chiave di lettura di tutti i fenomeni; così la guerra rende Parigi irraggiungibile per le solite spese e la fine di un’epoca si annuncia la mattina che Reed, suo marito, la saluta senza cappello. Questa è la sola vita che Diana abbia conosciuto, ancora prima di diventare la direttrice della più importante rivista di moda al mondo, e anche quando non lo sarà più. Perché «il richiamo della moda è persino più forte di quello del palco. La moda dev’essere la liberazione più inebriante dalla banalità del mondo».
Non è stato difficile per Diana entrare nel mondo dell’editoria e adattarsi alle sue regole: ha sempre avuto grandi capacità organizzative e ha gestito per anni la sua casa. Ha ospitato principi, protagonisti del jet set, artisti. Ha aperto con successo un negozio di lingerie, nel quale ha esercitato il suo indiscusso talento per i colori e le stoffe. Ha una lunga esperienza nella scelta dei domestici e conosce bene la sottile arte del delegare.
Preziosi sono i racconti di vita mondana: Parigi, Londra, New York e tante altre città fanno da sfondo perfetto agli incontri e alle conversazioni con alcune delle personalità simbolo del ‘900, da Coco Chanel a Andy Warhol. Grandi personaggi, per Diana soprattutto grandi amici. Curiosi ed estremamente interessanti sono i luoghi esplorati: dall’India alla Russia, dal Giappone alla Tunisia, Diana ci coinvolge nella sua passione esotica, tra sete leggerissime e geishe ipnotiche.
I momenti più veri però sono quelli trascorsi con Reed, l’uomo che le è stato accanto tutta la vita con rispetto, tenerezza e complicità. L’uomo sempre elegantissimo di cui non ha mai smesso di essere innamorata; Diana ricorda i meravigliosi viaggi nella loro Bugatti e le serate in cui Reed le leggeva i suoi romanzi preferiti.
Ci accompagna nella lettura la sensazione che l’intera vicenda sia venuta da sé. E non ci interessa se è andata esattamente così. «Facciamo finta!», grida Diana. Come direbbe Mark Twain, «Non permettete alla verità di rovinare una buona storia».