Al Teatro Trastevere, uno spettacolo che trae ispirazione da un assurdo episodio di razzismo.
Diritto di recesso
di: Patrizia Palese Ce.N.D.I.C. regia: Maria Grazia Adamo assistente alla regia: Alessia Abbondanza con: Elisabetta Carpineti, Manuel Ferrarini, Andrea Davì musiche: Fabiana Galasso e Andrea Mastromatteo disegno luci: Pietro Frascaro Foto di scena: Pierpaolo Redondo Teatro Trastevere, Roma
Ha, in effetti, un sapore surreale l’episodio che l’autrice di Diritto di recesso, Patrizia Palese, racconta (in un’intervista a Federica Betti, su http://federicabetti03.wordpress.com/) di aver letto su un giornale, all’interno di un trafiletto: in Sudafrica, un uomo bianco rifiuta il trapianto di cuore, perché il donatore ha la pelle nera. La repulsione per il diverso può essere così profonda, l’ideologia del disprezzo tanto radicata, che si arriva in certi casi, evidentemente non isolati perché originati da un’intera struttura sociale, a mettere a rischio la propria vita pur di non sentirsi sporcati dal contatto. Un contatto incredibilmente intimo, non c’è dubbio, quello di accogliere in sé il cuore di un altro; ma è un contatto che regala la vita a qualcuno, il quale altrimenti sa di doverla perdere in un tempo breve.
Esiste quindi un qualcuno, che in questo mondo sceglie di vivere con una spada di Damocle sul capo, piuttosto che ricevere un cuore in dono da chi non appartiene alla giusta razza. In Diritto di recesso – una trasposizione immaginativa nel nostro tempo e a casa nostra di questo incredibile evento di cronaca, per la regia di Mariagrazia Adamo -, il donatore di cuore è un ragazzo Rom; il protagonista dello spettacolo, d’altro canto, ovvero il razzista (Enrico, interpretato da Manuel Ferrarini), fa un passo oltre la cronaca, per arrivare alla conseguenza ancora più estrema di scegliere la morte.
La molla emotiva, civica e sociale, che dà la nascita a questo spettacolo è forte e tangibile, si coglie nell’aria durante tutta la messa in scena. Gli attori (Elisabetta Carpineti nel ruolo complesso di Rossana, moglie di Enrico; Andrea Davì, l’amico e medico Stefano; lo stesso Ferrarini, nei panni del protagonista) affrontano con coraggio e con evidente amore e dedizione un testo arduo, che sorvola su numerosi spunti ideativi potenzialmente esplosivi, che è affidato alla parola più che all’azione, in cui il conflitto è detto piuttosto che vissuto e nel quale i tre personaggi restano nell’intimo sostanzialmente immutati dal principio alla fine della vicenda.
Da notare le musiche originali, di Fabiana Galasso e Andrea Mastromatteo, create espressamente in funzione della pièce, seguendone passo dopo passo lo sviluppo.
1 commento
Grazie a chi ha voluto leggere oltre le parole dette, a chi ha saputo vedere oltre il visibile, a chi ha saputo emozionarsi e fare di questa emozione un resoconto che è molto di più di una recensione: è attenzione al testo e al gran lavoro per renderlo vero…
Patrizia Palese