Potevo essere io è uno spettacolo della Compagnia Dionisi andato in scena al Teatro dell’Orologio dal 17 al 22 dicembre nell’ambito della stagione Dominio Pubblico. E’ il racconto di un’infanzia e un’adolescenza trascorsa nella periferia nord di Milano negli anni ’80. Tra tutte le mancanze e i baratri, alla fine si arriva da qualche parte. Dove?
Potevo essere io
di Renata Ciaravino
con Arianna Scommegna
video e scelte musicali Elvio Longato
set Maria Spazzi
realizzazione scene Raffaella Colombo, Lidia De Rosa, Anna Masini
luci Carlo Compare
supervisione registica Serena Sinigaglia
assistente Elvio Longato
Organizzazione Anna Sironi
Produzione Compagnia Teatrale Dionisi, teatro dell’Orologio, Kilowatt Festival
con il sostegno di Aia Taumastica-Torre dell’Acquedotto e Atir-Teatro Ringhiera
17-22 dicembre, Dominio Pubblico @ Teatro dell’Orologio
Siamo su un autobus, a Milano. A bordo c’è soltanto un’intervistatrice mandata lì dalla provincia per chiedere agli utenti se siano soddisfatti del servizio. La giovane donna – Arianna Scommegna, sola in scena – è la narratrice del nostro racconto. L’autobus inchioda: in quel momento fa ritorno nella vita della protagonista Giancarlo Santelli, migliore amico di un’infanzia ai margini. Inizia così un risalire, un tornare sulle proprie origini che si attua nel confidarsi con un amico o piuttosto con noi stessi. Attraverso piccoli episodi, eventi apparentemente insignificanti eppure cruciali, ricostruiamo lo scorrere di un’esistenza dove le possibilità di trovare una realizzazione sembrano inesistenti.
I due bambini (Giancarlo e la narratrice) abitano nelle stesse palazzine e passano tutto il tempo insieme in cortile. Entrambi hanno genitori poco presenti e imparano a cavarsela da soli molto presto. Al liceo le vite dei due iniziano a separarsi: la protagonista non esce molto, non ha un soldo e fa di tutto per essere e apparire normale, vivendo nel terrore di non essere accettata. Suo fratello viene cacciato di casa perché tossico, la madre se ne va via senza dire nulla. Giancarlo invece è il re della discoteca, si ubriaca spesso ed inizia a praticare il kickboxing, viene poi ingaggiato come attore di film porno. Conosce in un locale Patrizia, con la quale si sposa e fa molto presto un figlio. Ma Giancarlo non sa se è all’altezza di tutto questo, di una vita senza scappatoie e di responsabilità che non ha scelto. Un giorno è al parco con suo figlio, che non smette di piangere. Giancarlo non sa che fare, il bambino non ne vuole sapere. Lo lascia lì. Prende il motorino e…ecco l’impatto con l’autobus.
Lo spettacolo, nonostante affronti temi complessi, è spumeggiante e coinvolgente grazie all’interpretazione di Arianna Scommegna, che si mette nei panni di svariati tipi umani che potremmo incontrare in periferia: dall’istruttore di palestra, alla cartomante, al cantante di matrimoni. La storia – autobiografica dell’autrice – viene restituita attraverso i dialoghi con gli amici, le pubblicità e le canzoni del tempo che, non senza ironia, ci fanno entrare realmente in un universo privato. I due ragazzi non hanno la terra sotto i piedi, vengono trascinati dalla vita di qua e di là senza poter scegliere nulla. Le sensazioni di vuoto e di insensatezza la fanno da padrone.
Eppure, le due storie hanno un diverso epilogo. La ragazza incontra il teatro nell’ambito di un programma di reinserimento. Trova la sua strada. Giancarlo lo lasciamo nell’impatto con l’autobus, forse con la voglia di farla finita. Perché? «La fortuna di avere incontrato certe persone e non altre, di avere colto certe cose e non altre». Di tutto questo, dagli anni ’80, non è cambiato nulla.