Dominio Pubblico – la stagione comune tra Teatro dell’Orologio e Teatro Argot – continua con il “disadattamento” de Il Gabbiano di Cechov a opera della compagnia Vanaclù.
GabbiaNO ovvero “dell’Amar per Noia” da: Anton Cechov drammaturgia e regia: Woody Neri con: Massimo Boncompagni, Loris Dogana, Liliana Laera, Stefania Medri, Woody Neri, Mimmo Padrone, Marta Pizzigallo, Gioia Salvatori realizzazione scene: Loris Dogana una produzione Vanaclù 15-20 ottobre 2013 – Teatro Argot, RomaVai al video dello spettacolo su E-performance
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Prendere Il gabbiano di Cechov e riscriverlo utilizzando una lingua e un linguaggio scenico contemporanei, cercando di sviluppare il tema della costrizione, di una gabbia da cui non si può fuggire e, di conseguenza, dell’urgenza di certe scelte viziata dalla noia: questi sono gli obiettivi che Woody Neri – autore, regista e anche attore – si è proposto insieme al suo collettivo con GabbiaNO ovvero “dell’Amar per Noia”.
Confinati scenicamente in un non-luogo (non esistono quinte, chi è fuori scena siede su degli sgabelli a fondo palco e resta immobile oppure opera gli interruttori delle luci), gli otto personaggi seguono – in fondo abbastanza fedelmente – gli snodi del dramma originale, vivendo i propri drammi, verrebbe da dire, senza farne una tragedia. I problemi e i conflitti sono lì, chiari ed evidenti, ma la caratterizzazione dei personaggi, il contributo colorato degli elementi di scena e alcune soluzioni registiche (i movimenti circolari attorno alla piscina gonfiabile, per esempio, dal vago sapore circense) sembrano voler mettere da parte ogni tentativo di approfondimento verticale delle dinamiche di scena per far emergere e risaltare il grottesco insito nel plot cechoviano. Le passioni, le aspirazioni, le ansie, i contrasti perdono una parte di naturalismo per acquistarne una di emblematicità: si perde in immedesimazione per acquistare in astratta riflessione. Un trade-off che potrà far storcere il naso ad alcuni ed essere accolto con entusiasmo da altri, ma che va messo in conto in un dichiarato (dis)adattamento contemporaneo di un classico.
Funzionali gli elementi di scena e i costumi, semplici e al servizio dell’opera, mai distraenti – cosa pregevole e niente affatto scontata, considerata la tendenza al grottesco che avrebbe potuto ispirare scelte in qualche modo prevaricanti rispetto all’azione scenica -, mentre dell’intero cast, comunque sempre all’altezza seppur nelle diversità delle propensioni attoriali che pare di cogliere nei vari interpreti, ci fa piacere segnalare in particolare Marta Pizzigallo (una Madre in grado di dominare ogni scena in cui appare) e Stefania Medri (una Lei dolce, viva e presente) forse proprio perché – certamente privilegiate dalla centralità dei rispettivi ruoli – sono riuscite a essere più corpo e anima che idea.