scritto e diretto da Duccio Camerini con Duccio Camerini, Nicola Sorrenti, Ciro Carlo Fico, Barnaba Bonafaccia, Marco Damiano Minandri, Simone Bobini, Matteo Micheli, Giusy Emanuela Iannone e Cristina Pedetta. musica dal vivo di Matteo Colasanti combattimenti scenici a cura di Massimiliano Cutrera musica Mercutio presentato da La casa dei racconti con il sostegno de il Centro Sperimentale di Cinematografia e di Spintime Labs.3 dicembre 2015, Teatro Lo Spazio
In scena al Teatro Lo Spazio il nuovo testo di Duccio Camerini Risorgi, dramma noir in dialetto romanesco, con la regia dello stesso Camerini. Lo spazio scenico del teatro si presenta rivoluzionato in favore della mise-en-scene: il pubblico circonda letteralmente le azioni degli interpreti del testo, partecipando alla visione dello spettacolo in qualità di testimoni, ombre che si delineano appena fra i contorni dello spazio, tanti occhi ed orecchie che nell’oscurità e nel silenzio della propria partecipazione assistono ai fatti che percorrono la durata della rappresentazione.
Le anime della storia rappresentata sono scure, ma profondamente desiderose di una redenzione e di una rinascita: outsiders della società che non aspettano altro che la loro opportunità di resurrezione, che possa cambiare la vita, che possa in definitiva maturare un aspetto di libertà ed indipendenza dalle dipendenze della società contemporanea. E c’è sempre chi in questi contesti squallidi e ai margini riesce a prendere il sopravvento e a sfruttare le fragilità fatte di sogni dei personaggi coinvolti, chi dal marcio cerca di cavare la propria fortuna. Mentre ci si addentra in un contesto intricato, dove il pugnalare alle spalle è all’ordine del giorno, il pubblico osserva senza profferir parola, senza indignarsi e prendere posizione, cosa che capita quotidianamente nello sguardo indifferente di chi incontra simili realtà sul proprio cammino. La possibilità di essere qualcuno che valga è una frustrante richiesta di aiuto rifiutata, i pochi “fortunati” storcono il naso di fronte alle rumorose conversazioni a cui assistono, eppure queste, sovrapponendosi una all’altra creano un’atmosfera assordante impossibile da ignorare.
Tutto quello che può essere tralasciato perché non all’altezza delle vite cosiddette “importanti” viene registrato in dissonanza dalla figura di un ragazzo affetto da ritardo mentale, che è testimone della vicenda completa: una figura di fool shakespeariano che si muove all’interno di una struttura che ricorda il teatro canzone brechtiano, quello che canta dell’ascesa sociale dai bassifondi e dell’imposizione con la forza su coloro che sono più deboli. Ma non si trovano canzoni nella messa in scena di Camerini: solo una chitarra suonata dal vivo da Matteo Colasanti accompagna le scene, a volte come un sottofondo metallico e stridente, altre volte storpiando l’atmosfera insinuandosi come commento, oppure sovrastando volutamente la tessitura verbosa degli scambi fra i personaggi.
Tutti i personaggi sono delinquenti, tutti sono lerci per scelte di vita, ma tutti possiedono una dignità privata e personale, che troppo spesso nel corso di una sola giornata è calpestata e derisa, ma che resta lì, come ronzio di fondo, come qualcosa a cui è intollerabile rinunciare. Le figure vagano sulla superficie di tutti gli spazi del teatro anelanti risposte, nell’unico errore di essere troppo presi a chiedere, a pretendere, piuttosto che responsabili dei propri tesori e attenti a ciò che il destino gli riserva di buono. Scappa un sorriso per le scene di tenerezza, ma questo rimane un piccolo spiraglio di luce che riesce a mettere in risalto solo la fitta polvere presente sui pavimenti, sulle tubature, sui vetri, sui corpi deformati dal desiderio: un scintilla che si perde nel buio amaro di questo spaccato di underground metropolitano.