P. Greenaway | Eisenstein in Guanajuato

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 Eisenstein in Guanajuato, di P. Greenaway, Mex/Fin/Bel/Fra/Hol 2014, 105′

Distribuzione Teodora Film

 @ dal 4 giugno 2015 al cinema

Cosa vuole dirci Peter Greenaway con il suo ultimo film Eisenstein in Guanajuato (2015), dedicato a Ejzenstejn? Il regista affida la “morale” del film a un’analogia: Ottobre, film con cui Ejzenstejn celebra la Rivoluzione russa, racconta i “dieci giorni che sconvolsero il mondo”. La visita alla cittadina messicana di Guanajuato, parte del tour che impegnò Ejzenstejn fuori dalla madrepatria all’inizio degli Anni Trenta, corrisponde ai “dieci giorni che sconvolsero Ejzenstejn”. Perché furono così importanti questi pochi giorni nella vita di uno dei maggiori registi e teorici del cinema di tutti i tempi, che all’epoca aveva già girato alcuni dei suoi film più importanti? Secondo Greenaway è solo a Guanajuato, che il regista sarebbe entrato in contatto con quelle forze profonde di eros e thanatos che governano l’esistenza umana e danno materia all’arte. L’Ejzenstejn precedente era prigioniero del bigottismo del materialismo dialettico e dell’educazione russa.

Veniamo al punto problematico del film. Greenaway affida la scoperta della potenza della vita da parte di Ejzenstejn a un incontro con un uomo: un incontro erotico, d’innamoramento e di passione, esibito in modo fin troppo esplicito con riferimento alla prestanza sessuale del giovane studioso messicano amato da Ejzenstejn. Peccato che l’Ejzenstejn di Greenaway dimentichi a quel punto completamente il progetto di un documentario sul Messico, per il quale è finito a Guanajuato, e deleghi volentieri ai suoi collaboratori il compito di fare le riprese. Il grande artista scopre la vita nel film, ma dimentica il cinema! Greenaway – attraverso un linguaggio su cui non ci soffermiamo, perché corrisponde a un’ormai frustra consuetudine di straniare lo spettatore scomponendo l’immagine – propone un’idea mistica dell’artista: un individuo che fa della vita un’arte mentre, difficile dire come, produce capolavori. Al genio e sregolatezza dell’Amadeus di Milos Forman, capace di immaginare con la sola mente armonie musicali sublimi anche in agonia, possiamo ora contrapporre il regista che faceva film solo con il potere degli occhi e della fantasia.

07_EISENSTEIN_In_GUANAJUATO_by_Peter_Greenaway_produced_by_Submarine_Fu_Works_and_Paloma_Negra©Submarine_2015

L’unico momento in cui il film ci restituisce qualcosa del lavoro di una vita da parte di Ejzenstejn, il quale invece si è sempre sforzato di creare – e di teorizzare – le condizioni per cui lo spettatore può sentire il pathos dell’immagine, è quando il protagonista, seduto al tavolino di un caffè, guarda in estasi il suo amato tenendo per le mani il suo taccuino. Greenaway ci propone allora per qualche secondo una versione animata dei celebri disegni messicani di Ejzenstejn: rappresentazioni di sesso e morte, di congiunzioni tra uomini e animali, di commistioni tra corrida e passione (in senso cristologico), di pulsioni omoerotiche in cui la virilità, esibita senza veli, è violenza e desiderio. Il resto nel film di Greenaway è, ci pare, un gioco intellettuale lontano da questa energia.

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Autore

Dario Cecchi

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