Alla Casa del Cinema di Roma, in occasione della XXV edizione del Cineporto, è stata trasmessa una rassegna di film tratti dal Festival internazionale di Reykjavik. Per l’occasione, è stato proiettato anche Either way: primo lungometraggio del trentaquattrenne regista islandese Hafstein Gunnar Sigurðsson e vincitore dei Premi per il Miglior Film e per la Migliore Sceneggiatura al Torino Film Festival 2011.
Either way, di Hafstein Gunnar Sigurðsson, 84’, Islanda 2011
Titolo originale: Á annan veg
Basato su un racconto: Hafstein Gunnar Sigurðsson, Sveinn Ólafur Gunnarsson
Sceneggiatura: Hafstein Gunnar Sigurðsson
Direttore della fotografia: Árni Filippusson
Produzione: Árni Filippusson, Davíð Óskar Ólafsson, Hreinn Beck
Scenografie: Hálfdán Pedersen
Suono: Huldar Freyr Arnarson, Gunnar Óskasson
Interpreti:Sveinn Ólafur Gunnarsson, Hilmar Guðjónsson Þorsteinn Bachmann, Valgeður Rúnarsdóttir, Runólfur Þorbjörn Guðmundsson
Società di produzione: Mystery Ísland ehf., Flickbook Films
Anni ’80. Nel profondo Nord dell’Islanda, tra strade sinuose che si perdono e segnano paesaggi sconfinati e brulli tinteggiati di sfumature marrone e seppia, dominati da un cielo che, a seconda del suo essere denso di nubi o terso, dona sensazioni di ostile freddezza o di tepore rassicurante e in cui la presenza dell’uomo è precaria, sempre da legittimare, si svolge la vicenda di Finnbogi ed Alfred.
I due protagonisti sono uniti da una relazione forzata: la compagna di Finnbogi, nonché sorella di Alfred, ha chiesto al primo, trentenne amante della calma e della stabilità, di includere il secondo nel suo lavoro estivo di addetto alla sicurezza stradale, per temprare il suo carattere di ventenne turbolento e per farlo diventare più responsabile. La situazione da affrontare è dunque quella di una solitudine condivisa; nonostante siano immersi in uno spazio immenso e desolato, sono infatti costretti ad un’invadente vicinanza, nella quale le differenze di personalità e l’inconciliabilità dei loro valori creano una convivenza segnata dalla reciproca sopportazione e dal duplice tentativo di preservare gli spazi personali e di mostrare verso l’altro una cortesia egoistica perché utile.
L’unica presenza di mediazione fra i due è il passaggio occasionale di un camionista del luogo, i cui interventi narrativi, mentre a prima vista potrebbero sembrare banali ed eccentrici, se spogliati dell’apparente superficialità, caricano la sua figura di una saggezza che trae nutrimento dall’esperienza e che si esplica attraverso mezzi che si devono riprodurre necessariamente nel vivo dell’azione per poter mostrare la loro efficienza e creare un senso sempre nuovo e da rimettere in discussione.
L’apparente inviolabilità del contesto svanisce però non appena i drammi dei due protagonisti entrano in gioco e il mondo esterno irrompe nella scena, dimostrando quanto siano forti le connessioni che formano la nostra vita e che, come la strada continua a scorrere fluida e necessita sempre di interventi di restauro, anche le nostre esistenze continuano ad andare avanti indipendentemente da tutto e costringendoci ogni volta a problematizzare le situazioni e a scegliere quale sia il giusto percorso da intraprendere. La ricerca della solitudine dunque scompare lasciando il posto al bisogno dell’altro e l’identità personale si forma tramite l’incontro con la diversità altrui. Le relazioni si scoprono non più dettate dalla ricerca di un’affinità illusoria, ma dalla costruzione di un terreno comune di apertura reciproca.
Con Either way Sigurðsson ci ha proposto una commedia sottile fondata su situazioni drammatiche, dove lo humor è sempre accennato e spesso suggerito dall’uso sapiente delle inquadrature, le quali riescono anche ad entrare tra i personaggi in modo delicato, restituendo con pari forza il ruolo di chi parla e di chi ascolta in dialoghi autenticamente sentiti. Gli stessi suoni seguono l’azione, assecondandola o interpretandola, e la colonna sonora contribuisce bene a ricreare il clima pop degli anni ’80.
1 commento
Questa recensione è davvero illuminante. Attraverso queste delicate parole riesce a trasportarti in luoghi mai visti e in situazioni ancora da conoscere. Guarderò di certo questo film e aspetto con ansia di leggere la prossima recensione di Costanza.