Un’opera techno. Il testo è una traccia, un libretto d’opera esile, che lascia libero spazio ad altre forme di espressione. La drammaturgia è più che altro affidata agli occhi, ai corpi, alle voci, alla musica, che raccontano una storia antica e sempre nuova di conflitto fra genitori e figli.
Elettra e Oreste sono fratelli. Il padre, Agamennone, è stato ucciso dalla madre, Clitennestra, e dal nuovo amante di lei. Ma il mito è solo uno spunto, un riferimento di sapore ancestrale, per dare il via a una riflessione empatica sulla condizione attuale di tanti adolescenti, costretti a fare i conti con genitori più coinvolti con le proprie passioni erotiche che con le cure parentali.
Il padre, irraggiungibile, ma sempre vivo e idealizzato nel ricordo e nei sogni ad occhi aperti, è un paradiso perduto, senza il quale la vita è solo nostalgia struggente e piena di rabbia, dolore, sfiducia. La madre è una voce fuori campo, che riproduce una fredda e stereotipata sequela di domande sulle banalità della vita quotidiana: il lavoro che non c’è, il denaro, gli interessi incomprensibili dei figli nell’età adolescenziale.
Elektra e Oreste, i due giovani protagonisti, non hanno punti d’appoggio, non hanno obiettivi, si trincerano in una solitudine reattiva che aumenta la loro sofferenza.
Elektra resta, per tutto il tempo, in una posizione fissa e precaria, con le gambe strettamente allacciate da una corda. Oreste si muove su pattini a rotelle, all’interno di un cerchio stretto che ha per centro la sorella, unica figura di riferimento, di cui è innamorato e succube.
Gli straordinari occhi di Elektra (interpretata da Maura Pettorruso) tracciano un percorso interiore di rabbia, chiusura, desiderio d’amore, sete di vendetta, gioco compulsivo, stordimento artificiale. Attorno a lei, bambola elettronica, il fratello Oreste (Woody Neri) ruota meccanicamente, travestito da terribile guerriero contemporaneo, ma infantile e disperato nella propria fragilità.
La discoteca è un rifugio, un’evasione, è il terzo protagonista dell’opera: Chiarastella Calconi, dj e coro live, resta a fianco dei due protagonisti, con la tastiera tangente al loro cerchio impenetrabile, fino all’ultimo istante di luce.
La musica elettronica e techno erige una barriera generazionale, urla il rifiuto di contatto con una madre indifferente, che genera e poi abbandona, che non ha interesse per i figli come individui unici e complessi e si preoccupa invece solo, ipocritamente, del loro benessere materiale. Elektra e Oreste sono costretti ad assistere, relegati in un angolo, terrorizzati e confusi, alle effusioni erotiche fra Clitennestra e il suo nuovo amante assassino. L’amore è cosa incomprensibile. Il matricidio diventa un obiettivo ossessionante. E’ meglio essere generati dal nulla, meglio essere orfani fin dal principio, che restare vincolati a un genitore che distrugge la vita dei figli per godersi la propria.
Ammazzare dentro di sé il genitore imperfetto rende sempre possibile la nascita dell’essere umano maturo, libera finalmente la necessaria indipendenza emotiva. Ma in un mondo in cui è la madre stessa ad uccidere il padre, prima ancora che il percorso di maturazione dei figli si sia compiuto, alle nuove generazioni si pone un quadro familiare impossibile da risolvere. Il prematuro distacco dalle figure parentali lascia un vuoto disorientante, al quale la società non riesce ancora a dare risposta e contenimento. Da qui l’alienazione, il chiudersi in se stessi, l’agire apparentemente insensato di tanti giovani, che sembrano non trovare pace nelle loro esistenze sbandate e autoreferenziali.
In questo spettacolo, la rarefazione della parola è un punto di forza originale e immaginifico: affidare al parlato la finezza del dialogo interiore dei protagonisti sarebbe stato, alla luce del poi, una scelta castrante. Gli attori sono davvero completi nelle loro interpretazioni, che necessitano anche di una grande padronanza fisica e vocale, e sanno trascinare lo stato di coscienza dello spettatore in un delicato e difficile territorio, al limite fra l’interiorità, il sogno e la sfera universale. Il dialogo fra Elektra e Oreste, che segue l’assassinio della madre, è forse l’unico momento sovrabbondante e un po’ troppo esplicativo del testo, che rischia di sottrarre mistero e valenza multisemica alla svolta finale.
Le musiche originali di Chiarastella Calconi sono state prodotte in un CD, “Elektrika”, per l’etichetta ACNmusic.
ELEKTRIKA_UN’OPERA TECHNO
compagnia teatrale Macelleria Ettore_teatro al Kg
produzione TrentoSpettacoli
in coproduzione con Centro Servizi Culturali Santa Chiara
con il sostegno di Spazio Off
testo e regia Carmen Giordano
con Maura Pettorruso (Elektra) e Woody Neri (Oreste)
coro, live electronics, musiche originali Chiarastella Calconi
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
assistente scenografia Stefano Zullo
realizzazione scenotecnica Gianluca Bosio
disegno luci William Trentini
organizzazione Daniele Filosi
Teatro Argot Studio, dal 17 al 22 gennaio 2012