ELEONORA DUSE. Arte, Passione e mito
Coreografia Sabrina Massignani
Musiche G. Kremer, M. Giuliani, M. Richter, E. Morricone, G. Fauré
Sceneggiatura Francesca Anzalone
Interpreti Astra Roma Ballet
Direzione artistica Diana Ferrara
5 giugno 2012 – Teatro Greco, Roma
Un atto unico per un racconto, in danza, di splendori e miserie della Divina del teatro italiano: la vita di Eleonora Duse è portata in scena al Teatro Greco di Roma dall’Astra Roma Ballet di Diana Ferrara, direttrice artistica dello spettacolo e Prima Ballerina Étoile del Teatro dell’Opera di Roma. Colpisce immediatamente, e non sorprende, la matrice classica dello spettacolo: le coreografie contemporanee di Sabrina Massignani sono interpretate da sette talentuosi danzatori, inconfondibilmente formati nel balletto classico, cui la coreografa, d’altra parte, ammicca con un passo a tre femminile sur les pointes.
Elenora Duse, arte, passione e mito narra l’inestricabile legame tra vita ed arte di un indiscusso simbolo del teatro moderno – di volta in volta: la Divina, la tragica, l’innovatrice, l’anticonformista – e lo fa rinunciando al linguaggio artistico della diva. Ogni aspetto della vita di Eleonora Duse è tradotto in danza senza residui, senza alcuna cessione al registro comunicativo teatrale. Il mezzo espressivo è puro, fin nelle parti di mimica, ridotte all’essenziale. Pure, la piacevole commistione con il contemporaneo-neoclassico, nonché espedienti poco visti come la prosecuzione delle coreografie nei vuoti musicali, donano ai movimenti il plus espressivo necessario a fotografare le alterne vicende di questo mito ancorato al palcoscenico e, allo stesso tempo, li tengono lontani dal confine con l’esecuzione scolastica. Si apprezza, infatti, un raro equilibrio nelle scelte coreografiche: l’alto livello tecnico – che si dispiega appieno nei solo e nei pas de deux, mentre si appanna nei pezzi d’insieme a causa di qualche carenza di sincronia – appaga gli occhi più esperti, risparmiando tuttavia allo spettatore il virtuosismo gratuito.
I pezzi danzati si susseguono a scandire i momenti della vita della Divina Duse e si alternano per illuminarne le varie facce: l’acclamazione e i riconoscimenti pubblici, le invidie e i noti amori – il più celebre dei quali, con Gabriele D’annunzio, è evocato da qualche verso de La pioggia nel pineto. Un tratto, tuttavia, prevale su tutti ed è più efficacemente rappresentato: l’isolamento. Lo narra, lungo tutto lo spettacolo, l’ambigua relazione con gli altri danzatori: con i tre uomini attratti e altrettanto facilmente sottratti, ma soprattutto con le tre donne con cui la danzatrice che incarna la Duse divide il palcoscenico. In questo intrigo di ammirazione ed invidia, di devozione e diffidenza, la Divina resta sola. E l’impressione che lascia il balletto è che ciò accada perché – in questo gioco di emulazioni e di tentativi di essere lei – banalmente, nessuna è lei.