Graziella Bernabò onora il centenario dalla nascita di Elsa Morante con un libro edito da Carocci, La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura, che è un viaggio attraverso la produzione letteraria dell’autrice e, di riflesso, delle sue vicende personali e del Novecento italiano.
Titolo: La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura
Autore: Graziella Bernabò
Casa editrice: Carocci
Anno: 2012
Il 2012 è l’anno del centenario dalla nascita di una delle figure più enigmatiche e interessanti del panorama letterario italiano novecentesco: Elsa Morante, che nasceva a Roma il 18 agosto 1912, «nell’ora amara/del meriggio, nel segno del Leone».
Il libro mette in luce quanto la Morante sia figlia del suo tempo e della sua cultura, ma lungimirante, aperta e curiosa: affamata di cultura, guarda al contesto internazionale, come dimostra il suo interesse per Majakovskij e Apollinaire o per gli scrittori americani della beat generation. Gli stessi riferimenti culturali presenti nei suoi scritti sono proposti in maniera originale: Marx e Freud, seppur presenti, non sono inseriti solo per se stessi e per quello che sono, ma vengono integrati in uno sguardo che può essere solo morantiano.
Donna forte e fragile allo stesso tempo, personalità inquieta in cui si mescolavano tratti caratteriali diversi tra loro: irascibile, provocatoria e consapevole del proprio talento, riusciva ad essere anche estremamente materna – nonostante la sofferta maternità negata – soprattutto dando aiuto a giovani letterati, intellettuali e artisti; rimase costante in lei, fino a pochi anni prima della sua morte, il timore della perdita della bellezza fisica, e fu profondamente insicura nei suoi rapporti personali. Visse con Moravia un amore/non amore che lo stesso scrittore definì come un sentimento estremo, straziante e passionale. E come dimenticare il forte sentimento che per anni la legò a Pasolini? Era stato un grande amico ed era diventato un grande amore a cui, data l’omosessualità dello scrittore, non restava che ripiegarsi su se stesso.
Il titolo del libro è programmatico perché l’autrice viene davvero analizzata a fondo nel suo intreccio tra vita e scrittura. Il lavoro filologico sulle sue carte personali dimostra spesso una sovrapposizione, anche se mai totale, tra realtà e fiction, che è piuttosto un superamento dei dati biografici sublimati nella scrittura. Ci si sofferma, ad esempio, sul particolare rapporto di amore/odio che Elsa ebbe con la madre e che le permise di sviluppare il motivo del femminile e del materno, nodo centrale di tutta la sua vita, suo dramma più profondo e ispiratore della sua produzione letteraria. Un interesse, il suo, che sembra sottolineare l’importanza per la donna del senso delle proprie radici, anche se dolorose, e che esula da un femminismo tout court che non le apparteneva.
Il tutto è accompagnato dalla spiegazione della genesi delle sue opere – come Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo, La storia, per dare i titoli più importanti di una produzione che è copiosissima – dalla critica e dallo studio linguistico, in una prospettiva di ampio respiro che non tralascia nemmeno i dettagli. Il lavoro della Bernabò tenta dunque di racchiudere in un libro così curato la storia e la scrittura di quest’ intellettuale novecentesca a tutto tondo, pur sempre consapevole dell’impossibilità di definizione totale di una scrittrice e di una donna complessa e affascinante lontana da qualunque schema.