Enzo Cosimi mette in scena l’apocalisse nel lavoro conclusivo di un laboratorio in collaborazione con la Scuola d’arte civica Paolo Grassi, al teatro Vascello dal 4 al 7 ottobre.
Compagnia Enzo Cosimi: Welcome to my world
Regia, coreografia: Enzo CosimiInterpreti: Paola Lattanzi, Alice Raffaelli, Francesco Marilungo, Riccardo Olivier
Costumi, make up a cura di: Enzo Cosimi
Rubber mask: Cristian Dorigatti
Disegno sonoro a cura di: Enzo Cosimi
Musiche: Chris Watson, John Duncan, Pansonic, Brian Eno
Disegno luci: Stefano Pirandello
Teatro Vascello, Roma
7 ottobre 2012
Lo spettacolo è il lavoro conclusivo di un laboratorio in collaborazione con la Scuola Civica d’Arte Paolo Grassi di Milano, condotto dal regista e coreografo Enzo Cosimi. Nei primi minuti, che sembrano lunghissimi per chi è seduto in platea, un totale buio e suoni primordiali inghiottiscono il pubblico e lo portano in un’atmosfera in cui si ha la sensazione che da un momento all’altro debba accadere qualcosa… L’inizio sembra evocare l’origine della vita: gli interpreti, quattro danzatori, due uomini e due donne, hanno smarrito la propria identità, resi identici da pantaloni aderenti neri e segni sul corpo a torso nudo. Trascorrono l’esistenza in una realtà rarefatta, tra azioni ripetute e necessità animalesche, intervallati da momenti in cui la gestualità diventa invece automatizzata e vittima della frenesia o di una qualche forza sovrumana che prende il sopravvento.
Sequenze di movimenti simbolici eseguiti sul sottofondo del cinguettìo di uccelli, di una pioggia in un bosco, di acqua che scorre, sono costruite su l’alternanza di controllo e liberazione del corpo. Nel loro vivere, le quattro creature ora si aiutano ora si ostacolano, ma si ritroveranno tutti uniti in un tragico destino comune che li travolgerà. Ai rilassanti suoni della natura si sostituisce un assordante e fastidioso effetto sonoro: lo smarrimento si impossessa dei corpi che cercano di scongiurare l’imminente apocalisse attraverso danze rituali e manifestano la loro disperazione con movimenti ossessivi e compulsivi. La forza dello spettacolo raggiunge l’apice nei momenti in cui i quattro danzatori costruiscono delle figure di corpi che si sostengono a vicenda fissando delle forme quasi scultoree in slow motion.
Le luci giocano un ruolo fondamentale in tutto lo spettacolo, in abbinamento a effetti essenziali, ma efficaci: con l’aiuto di un ventilatore la danzatrice Paola Lattanzi è travolta da un flusso di stelle filanti argentate, Riccardo Olivier appare coperto di sangue, una bottiglia di latte maneggiata dal giovane Francesco Marilungo evoca la conclusione di un amplesso dove non c’è amore ma solo animalità, sotto luci stroboscopiche Alice Raffaelli esplode in una sequenza di movimenti violenti e disperati. La quiete torna al termine dello spettacolo, quando – dopo aver tanto lottato – una dolce musica li guida in un immaginario aldilà. Le quattro creature figlie del naufragio si lasciano trasportare sui flutti in un immagine che richiama il celebre dipinto di Géricault, Zattera della Medusa. Il risultato finale del lavoro lascia la sensazione che un maggiore dinamismo avrebbe valorizzato dei buoni spunti, evidenti soprattutto nei momenti in cui i danzatori sono tutti contemporaneamente in scena.