L’edizione del festival Equilibrio di quest’anno prosegue con 6000 Miles Away, con la danzatrice Sylvie Guillem. Il 3 febbraio all’Auditorium Parco della musica.
6000 Miles Away
Coreografie: Jiri Kylian, William Forsythe, Mats Ek
Danzatori: Sylvie Guillem, Massimo Murru, Nataša Novotná, Václav Kuneš
Musiche: Dirk P Haubrich, David Morrow, Ludwing van Beethoven
3 febbraio 2013 – Equilibrio. Festival della nuova danza, Auditorium Parco della musica, Roma
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Il palcoscenico della sala Santa Cecilia accoglie, come intro alla serata, i corpi dei perfetti e armoniosi danzatori Nataša Novotná e Václav Kuneš, che si muovono in un’atmosfera surreale e al contempo briosa, creata dalla musica elettronica sperimentale di Dirk P Haubrich e dalle luci bianche su sfondo nero che delimitano confini geometrici senza distrazioni scenografiche.
La scelta del coreografo Kylian di far dapprima indossare una maglietta rosso fuoco alla danzatrice per poi fargliela perdere nel corso della coreografia così da farla restare a petto nudo, è la metafora del perdere qualcosa durante il proprio percorso, per poi ritrovarsi e riscoprirsi uguale a chi si ha intorno, fino a poter assumere il punto di vista altrui. E’ ciò che accade all’interprete femminile, che alla fine segue il suo partner nel rapportarsi con i fogli di linoleum dapprima usati per giocare e tenere il tempo musicale, e poi come confine – fisico e non – da oltrepassare.
Dà il nome alla serata l’ipnotizzante Sylvie Guillem, la quale ha scelto il titolo 6000 Miles Away in omaggio alla popolazione giapponese colpita e messa in ginocchio dallo tsunami mentre lei e Forsythe lavoravano a Londra su Rearray.
La splendida danzatrice insieme all’etoile della Scala di Milano Massimo Murru si esibiscono in una coreografia dove danno sfoggio delle loro preparazione tecnica impeccabile e dove il minimalismo della scenografia, dei costumi, la ridondanza di linee e il buio integrale utilizzato ad intervalli regolari, contribuiscono ad una perfezione formale che può rendere un po’ pesante l’occhio dello spettatore verso la fine del pezzo, ma la leggiadria della danzatrice è talmente sinuosa da far dissolvere qualsiasi senso di pesantezza dovuto alla perfezione tecnica.
Il trittico si esaurisce tra gli applausi del pubblico entusiasta con un solo dell’intramontabile stella, accompagnata dalle note di Beethoven, in una simpatica ed allegra coreografia di Mats Ek che utilizza al centro del palco uno schermo-specchio con il quale la Guillem con eleganza e precisione meticolosa, gioca con effetti variegati delle proiezioni.
La fine tecnica di stampo classico degli eccellenti danzatori è il potere catalizzatore presente in tutti e tre i pezzi ed è anche l’idea principe dei coreografi stessi. Il risultato della loro estrema competenza artistica sono opere che esaltano la bellezza dei corpi e del loro movimento.