L’estate di Giacomo, 78′, Bel/Fr/Ita 2011,
Regia e sceneggiatura Alessandro Comodin,
Prodotto da Faber Film, Les Film Nus, Les Films d’Ici,
Co-prodotto da Centre de l’Audiovisuel à Bruxelles, Wallpaper Productions, Tucker Film,
Fotografia Tristan Bordmann, Alessandro Comodin,
Suono Julien Courroye
Montaggio Joao Nicolau, Alessandro Comodin,
Montaggio del suono Florian Namias,
Interpreti Giacomo Zulian, Stefania Comodin, Barbara Colombo.
«Ci sono nature belle e nature di merda».
Il suono di una batteria irrompe, con il suo effetto frastornante, sulla scena; è Giacomo, un ragazzo affetto da ipoacusia, a infierire i colpi su di essa. Di sottofondo, il leggero canto di alcuni uccellini sembra creare una sorta di montaggio di discordanti attrazioni sonore.
L’estate di Giacomo, primo lungometraggio di Alessandro Comodin, ha fatto incetta di premi e ha vinto il Pardo d’Oro Cineasti del Presente al Festival di Locarno 2011. Il film è una docu-fiction che racconta una di quelle stagioni che cambiano la vita di tanti adolescenti.
Giacomo e Stefania, sua compagna di avventure estive più giovane di due anni, camminano all’inizio del film, per circa quindici minuti, alla ricerca del loro locus amoenus. I due protagonisti, ripresi sempre di spalle, arrivano, finalmente, alle loro “Maldive” e dagli stretti sentieri impervi di un bosco friulano, il nostro e il loro sguardo si apre su una splendida spiaggia in riva al Tagliamento. Tra i due c’è affetto e affinità; i loro occhi si incrociano, i loro corpi si sfiorano tra insulti, provocazioni, punzecchiamenti e giochi puramente adolescenziali. Giacomo e Stefania sono due mondi, due caratteri che si scontrano creando, con le parole del primo e i silenzi della seconda, un’intimità fortissima.
Tra balere, picnic, “canticchiamenti”, giostre, luoghi selvatici percossi dal calpestio dei due ragazzi, il languore dell’estate non può far altro che trasformarsi nella fragranza delle prime esperienze sentimentali. Il merito di Comodin è quello di mostrarci un realismo rinnovato nel suo essere un’estesiologia che fa confluire in un paradigma comune elementi antropici e un panismo spinto, ma mai eccessivo. I bombardamenti sonori, i tuffi nell’acqua fredda del fiume, i giochi di fango, i respiri leggeri, i sorrisi e i paesaggi ci regalano un’aisthesis rifiorita nella forma documentaristica, che permette anche al tema del sentimentalismo di acquistare nuova linfa cinematografica.
Il finale ci regala la bellezza dell’adolescenza in tutta la sua radicalità; un’età fatta di sogni, voli pindarici, ricadute a terra violente e infelici. L’intreccio tra amore e amicizia che costituisce il rapporto complesso tra Stefania e Giacomo si nutre e continua fuori dallo schermo, ma non sappiamo come. Quel bacio che per tutta la pellicola aspettiamo arriverà nella maniera più sorprendente proprio in quel delizioso scorcio sulle rive paradisiache del Tagliamento… Impossibile rivelare di più!
«M’ama, non m’ama, m’ama, non m’ama, m’ama o non m’ama?»
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