Niente puoi raggiungere se non lo sogni.
Il loro viso è simile a quello degli uomini di mare: battuto dalle intemperie, provato da un’infinità di burrasche, da un’esistenza di violente tempeste da cui sono stati segnati nel profondo dell’animo. Questa è la storia dei coraggiosi attori che hanno calcato le scene del Quirino, il 30 settembre 2011, nelle vesti di una ciurma entusiasta e affiatata, pronta ad affrontare le sfide più ardue della vita.
Nessuno meglio dei detenuti del carcere di Rebibbia avrebbe potuto interpretare l’equipaggio assoldato dall’avventuriero irlandese Brian Sweeny Fitzgerald, noto imprenditore nel mercato del caucciù, che perseguì il delirante disegno di costruire un Teatro dell’Opera nel cuore della foresta amazzonica. Che la vita di Fitzcarraldo, così chiamato dai suoi uomini, sia leggenda o realtà poco importa. Quello che è più rilevante è capire che un sogno può valere la traversata di un oceano o il rischio di incontrare tagliatori di teste. Che è un sogno è magico perché abita una terra apparentemente irraggiungibile e, al momento giusto, prende forma sotto gli occhi increduli e stanchi di chi ha voluto sfidare l’ignoto.
Si tratta della seconda esibizione della compagnia, già avvezza a esplorare territori lontani, con lo spettacolo Viaggio all’isola di Sakhalin. Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito hanno voluto accompagnare pazientemente questi novelli artisti in un viaggio verso l’evasione, verso la libertà dal proprio passato e dai condizionamenti sociali del presente. Vestiti in sacchi di tela e con un accento fortemente romanesco, i picareschi marinai, inizialmente scanzonati e beffardi, si trasfigurano al contatto casuale con alcuni dei prodotti più alti e nobili dell’essere umano: letteratura e opera lirica, di cui Fitzcarraldo è cultore. Perfetti nei panni degli avventurosi e disincantati ragazzacci, gli attori recitano con nonchalance il proprio modo di essere, la vita reale. Sono pieni di passione e di trasporto, impavidi e schietti, al limite della crudezza. Sono uniti nella lotta. Nell’espressione dei propri stati d’animo, si presentano perfetti, come se raccontassero semplicemente se stessi. Senza finzioni, ma pieni d’emozione. E così anche il pubblico è travolto da questa spontaneità, crede nell’impossibile, si delizia ascoltando la voce di Caruso che esce da un antico grammofono, accompagna spiritualmente i protagonisti di questo ardimentoso viaggio.
Non mancano momenti di ironia canzonatoria, arma affilata per la sopravvivenza. Di Fitzcarraldo, nemmeno l’ombra, perché è solo un pretesto visionario per farci vivere un sogno.
Al termine della performance, il tripudio di applausi e il calore dei parenti dei detenuti-attori commuove. Il direttore artistico del teatro Quirino, Geppy Gleijeses, ammette di non avere memoria, in tutta la sua attività, di tanto consenso di pubblico. Non facciamo fatica a credergli.
Buon viaggio verso la libertà, ragazzi.
LA LEGGENDA DI FITZCARRALDO
Drammaturgia e regia di Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito
Con i detenuti-attori della Sezione G8 del carcere di Rebibbia: Giuseppe Borsacchiello, Cristian Cavorzo, Francesco Chiappetta, Gaetano Cosenza, Sabatino Di Guglielmo, Giovanni D’Ursi, Fabrizio Diana, Vincenzo Di Letizia, Emanuele Gemito, Giacomo Gesù, Filippo Gibilras, Michele Minicozzi, Giampaolo Moscia, Romolo Napolitano, Roberto Pedetta, Giancarlo Porcacchia, Piero Proietti, Paolo Sbrescia, Antonio Sorrentino, Andrea Stoccoro, Sandro Verzili, Andrea Zaccaria
E con la partecipazione di Fabio Rizzuto
Costumi: Paola Pischedda
Luci: Valerio Peroni
Direzione organizzativa: Fabio Cavalli