di Tiziana Tomasulo
regia Fabiana Iacozzilli
con Simone Barraco, Francesca Farcomeni, Francesco Meloni, Marta Meneghetti, Ramona Nardò, Francesco Zecca
aiuto regia Francesco Meloni
assistenti alla regia Federico Spinelli, Silvia Corona, Gianmarco Vettori, Francesca Sansone
scene Fiammetta Mandich
costumi Gian Maria Sposito, Davide Zanotti
trucco Simona Ruggeri, Laura Alessandri
disegno luci Davood Kheradmand
collaborazione artistica Riccardo Morucci, Alberto Bellandi, Giada Parlanti
una produzione Lafabbrica e La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
24 Maggio, Teatro Vascello, Roma
La prima storia, L’amante, si svolge a casa di Barbara e Riccardo, una coppia unita da sedici anni di amore competitivo e algido, di mancanza di piacere: «Riccardo cerca continuamente di amare più persone di quante ne possa amare Barbara, e Barbara cerca continuamente di amare più persone di quante ne possa amare Riccardo…ma né Riccardo e né Barbara ci riescono mai», finché non si innamorano dello stesso uomo, un enigmatico ed affascinante straniero. La relazione che si instaurerà tra questi tre personaggi diverrà sempre più sospesa e ansiogena fino a degenerare nell’assurdo. Barbara e Riccardo hanno dimenticato l’amore e non sanno e più probabilmente non vogliono riappropriarsi di quel sentimento; tutto quello che sono ha come scopo quello di mangiarsi, di sovrastarsi, di demolirsi senza staccare mai gli occhi di dosso l’uno dall’altro.
Ne La telefonata, il pubblico si immerge nei dubbi insistenti e nei ripensamenti continui di una donna i cui problemi partono tutti da una semplice ma quanto mai diffusa domanda: la chiamo o non la chiamo? Ancorata per l’intera durata del monologo sulla sedia, davanti al telefono si perderà nelle più spietate fantasie di una cattiveria amara, pindarica e ironica, senza riuscire a superare il proprio orgoglio e la paura di un rifiuto.
L’ultimo riquadro, Il Bagno, è un serrato botta e risposta tra una lei vestita da Biancaneve e il suo lui, vestito da principe azzurro, intento a sturare un water. E’ un interrogatorio di Biancaneve al suo Principe, un interrogatorio nel quale ogni domanda è una richiesta d’aiuto e di massima sincerità e allo stesso tempo una violenta confessione di un amore degenerato – «Se tu morissi io finalmente smetterei di avere paura di perderti» -: «Questi due esseri umani sono i resti , carcasse di una favola felice, sono ciò che resta del tempo che fu», commenta Fabiana Iacozzilli, aggiungendo su tutti i protagonisti che abitano e indossano queste storie «sono dei poveretti incapaci di amare, vorrebbero farlo, hanno bisogno di farlo ma, al tempo stesso, hanno paura dell’incontro con l’altro, perché si vergognano profondamente di quello che sono».
In Da soli non si è cattivi si riconosce un seme di un amore perverso, conflittuale e violento che giace in ogni essere umano assopito e ammansito dalle convenzioni sociali, dal quieto vivere e dall’idea dell’Amore romanzato e ostentatamente teso al lieto fine. Ognuna di queste storie fa invece sorridere proprio perché si riconosce nel disumano l’incredibile e vera umanità di quelle parole che ricordano la bestialità di un sentimento che ci rende alle volte, nel bene e nel male, esseri poco umani e molto animali.