Fabio De Min: voce, chitarra, tastiere
Ascolta: L’inconsolabile, I piani per il sabato sera, Gli anni dell’università
L’esperienza tipica di un concerto in cui saresti in grado di cantare tutte le parole delle canzoni dall’inizio alla fine è quella della sovrapposizioni delle immagini: alla fantasia che ha costruito scene e gesti intorno ad ogni racconto fa eco la memoria spesso confusa e disordinata di un passato che si muove attraverso le linee del pentagramma. Momenti discreti di una vita legata a doppio filo alla musica diventano i pixel di un’unica immagine popolata da quei volti a cui avresti voluto rivolgerti proprio con quelle parole. Se le canzoni in questione sono quelle dei Non voglio che Clara il concerto diventa l’occasione per riaprire ancora una volta il capitolo delle memorie dei sentimenti: irrisolti, interrotti o, perché no, immaginati.
Nell’intima cornice del Blackmarket la rassegna Unplugged in Monti ha ospitato Fabio De Min voce e autore dei NVCC. Un concerto breve, poco più di un’ora, il tempo necessario al leader del gruppo – in un’insolita versione solista, con chitarra e tastiera – per mettere a segno con precisione e profondità tutte le sue canzoni più belle. Si comincia con una cover Marcia nunziale di Flavio Giurato, ma subito dopo arrivano L’inconsolabile, I piani per il sabato sera e Gli anni dell’università, insomma i classici. Può sembrare paradossale dire ciò di brani che non godono certo di una riconoscibilità nazionalpopolare, eppure proprio di questo si tratta, di veri e propri classici della nuova canzone d’autore italiana, di preziose lenti di ingrandimento per conoscere l’odierno comune sentire di chi ha fatto propria la consapevolezza che ‹‹nessuno in questo secolo ami qualcuno››. Ci siamo proprio noi nei pezzi dei Non voglio che Clara, ma c’è anche quel gusto, che sa di passato, per il giusto incontro tra musica e parole che riesca a riflettere e far riflettere sui pensieri più intimi che di solito silenziosamente ci accomunano. De Min insomma raccoglie il testimone della tradizione cantautoriale italiana e non a caso arriva un altro omaggio con una bella interpretazione di E di nuovo cambio casa di Ivano Fossati, ‹‹uno dei maestri››, dice con fare timido e un po’ reverenziale. Altri pezzi come L’estate, Gli amori di gioventù, Cary Grant e sebbene il set acustico e l’atmosfera raccolta del posto non permettano a ciascuno di cantare a voce alta, si percepisce distintamente l’emotiva e condivisa partecipazione di chi si limita ad ascoltare.
Il tempo vola rapidamente, i vicini si lamentano se si va oltre le 22, il concerto si conclude. Parole in musica si fanno strada distintamente tra i tasselli di un mosaico di immagini ed emozioni ormai ricomposto: ‹‹qui si dice che fu per amore ma io lo so, ciò che ho pianto era una stagione della vita che è finita già››.