Teatro Argentina, Romadi Mark Ravenhill ispirato a Voltaire traduzione Pieraldo Girotto regia Fabrizio Arcuri con Filippo Nigro, Lucia Mascino, Francesca Mazza, Francesco Villano, Matteo Angius, Federica Zacchia, Francesca Zerilli, Domenico Florio, Lorenzo Frediani, Giuseppe Scoditti, e la partecipazione straordinaria di Luciano Virgilio musiche composte, arrangiate ed eseguite dal vivo da H.e.r. scene Andrea Simonetti costumi Fabrizio Arcuri video Luca Brinchi, Daniele Spanò live visual Lorenzo Letizia assistente alla regia Francesca Zerilli assistente ai costumi Valeria Bernini produzione Teatro di Roma in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina 3 marzo 2016,
Caleidoscopico, irriverente e folle: così si potrebbe definire il lavoro che Fabrizio Arcuri ha presentato al Teatro Argentina – e che sarà in scena fino al 13 marzo – sul testo di Mark Ravenhill Candide, ispirato all’omonimo scritto di Voltaire.
Il viaggio compiuto dal protagonista, l’inguaribile sognatore ottimista Candide – un ironico Filippo Nigro in un’ottima interpretazione, che regala al personaggio leggerezza, spensieratezza e una certa dose di curiosità stralunata – trascende lo spazio-tempo prendendo le sembianze di un sogno colorato che spesso si distorce, pregno di simbologie contemporanee che nell’ilarità sferzano colpi capaci di scatenare uno straniamento ed una riflessione. Lo spazio teatrale, tipicamente all’italiana, regala inoltre alla messa in scena un aspetto di acquario inscatolato nella cornice di una televisione pop, nel quale sguazzano gli attori-pesci, declamanti verità universali su un concetto relativo di ottimismo, cibo per l’anima di Candide. Ma come può rispondere la purezza di Candide di fronte a quell’ottimismo modificato nel corso dei secoli, trasfigurato dal botulino e dalle tinte color sangue?
La regia del lavoro è dettagliata nelle sfumature e concerta con estrema facilità quella gran quantità di linguaggi espressivi che un testo così complicato ed intricato sembra quasi richiedere. Ogni aspetto è gestito dalla competenza di professionisti di altissimo livello, nonostante ciò percepibile la mano del regista che dirige con attenzione e cura, consapevole di quale sia l’obiettivo posto e da raggiungere. Tutto si lega con organicità, tutto sembra la reazione necessaria di ciò che è avvenuto prima, tutto mantiene viva la natura di un testo che è un caleidoscopio, utilizzando come mezzo espressivo la possibilità di evocare nel pubblico un contatto sinestetico.
Gli attori reggono la struttura perché guidati con attenzione, la struttura funziona perché ha una base solida di ricerca e comprensione. Quando il testo manca di espressività, quando l’armatura che lo sostiene cede perché forse troppo verbosa e filosofica, arriva l’aiuto di una luce colorata, di un’azione, di un’immagine che fa viaggiare lo spettatore assieme a Candide, nell’universo delle possibilità. Degno di nota è l’apporto musicale dal vivo di H.E.R. che con il suono di un violino elettrificato ed una voce allo stesso tempo squillante ma cupa, contribuisce fortemente alla creazione di un’atmosfera iperrealistica, onirica e a tratti da incubo, nella quale, forse, siamo tutti immersi e dal quale fuggire potrebbe essere allettante. Da vedere.