Regia Joel Coen
Soggetto e Sceneggiatura Joel e Ethan Coen
Fotografia Roger Deakins
Montaggio Joel & Ethan Coen
Musiche Carter Burwell
Produzione Gramercy Pictures
Interpreti Francis McDormand, Steve Buscemi, William H. Macy, Peter Stormare, Harve Presnell, Tony Denman, Kristin Rudrüd
Paese Stati Uniti
Anno 1996
Durata 98′
Il bianco della neve si fonde con il soffocante ed ovattato cielo lattiginoso, facendo scomparire la linea d’orizzonte. Un’infinita e apatica distesa di ghiaccio dove grigie vite si trascinano in giorni tutti uguali fra loro, tra vetri appannati ed eterne ore colme di vuoto e routine.
In questa atmosfera cupa e depressa, il massimo dell’evasione consiste nel vincere ad un concorso cittadino la pubblicazione su un francobollo di un proprio disegno raffigurante una papera. Unico punto di riferimento, nella distesa metafisica del nulla, una colossale statua kitsch di Paul Bunyan, il famigerato gigante boscaiolo del folklore Americano. In questo paesaggio alieno ed alienante, tre persone vengono brutalmente assassinate sul ciglio di una strada: Gaear (Peter Stormare) e Carl (Steve Buscemi) sono due sicari assoldati a Fargo da Jerry Lundegaard (William H. Macy) che vuole inscenare il rapimento della moglie ed estorcere un milione di dollari al cinico suocero. Qualcosa va storto, i due criminali sono ingovernabili e seminano una scia di sangue sulla loro strada, il suocero non si piega a compromessi con i rapitori, Marge (Francis McDormand), una poliziotta della cittadina di Brainerd, si avvicina sempre più pericolosamente alla verità e l’agonizzante Jerry vede il suo perfetto ed innocuo piano crollare come un gigantesco castello di carte.
I fratelli Ethan e Joel Coen, originari guarda caso del Minnesota, ci regalano questo meraviglioso squarcio dell’America meno conosciuta e raccontata, la terra di nessuno, quella del midwest, torbida landa nevosa lontana dai luoghi di potere e di azione, e ci immergono in una dimensione quasi onirica, facendoci galleggiare sempre sull’invisibile confine tra macabro e ironico, grottesco e assurdo, drammatico e comico. Come in tutti i film dei Coen, l’imprevisto, inteso come il destino, l’inaspettato, l’imprevedibile, è l’elemento che scatena il susseguirsi delle vicende. Si è sempre attratti da ciò che è oltre la volontà e il controllo umano, e questo rende così affascinanti ed ipnotiche le pellicole dei due artisti. Osserviamo, con un misto di curiosità e ansia, i piccoli sassolini del fato che cadendo danno inizio ad una valanga di dimensioni sempre più grandi rendendo vana la pianificazione delle nostre esistenze; i Coen l’hanno ben capito e con lo splendido pezzo di storia cinematografica che è Fargo ce lo ricordano: la vita è imprevisto. E’ imprevisto lo scenario della vicenda, imprevisti i figuranti, imprevisto quello che succede e improvvisa la conclusione, sorprendente, amareggiante e così normale, come a dirci beffardamente: ora che avete visto uno spicchio dell’abisso che può essere la vita, tornate a non pensarci. Le superbe interpretazioni degli attori coronano il successo del film, vincitore di due premi Oscar (sceneggiatura e attrice protagonista N.d.A.), regalandoci personaggi dalle mille sfaccettature e sopra le righe, seppur di un’autenticità quasi commovente.
Nelle distese congelate che circondano la sonnolenta cittadina di Brainerd, sotto lo sguardo bonario ed imbalsamato di Bunyan, scopriremo quanto rumore può fare un castello di carte che crolla, persino sulla morbida neve tinta di sangue del Minnesota.