liberamente tratto da Tre sorelle di CechovTre compleanni falliti
uno spettacolo di Roberto Rustioni di Rebekka Kricheldorf
traduzione Alessandra Griffoni
adattamento e regia Roberto Rustioni
con Federica Santoro, Roberto Rustioni, Eva Cambiale, Carolina Cametti, Emilia Scarpati Fanetti, Gabriele Portoghese,
assistente alla regia Gabriele Dino Albanese
in collaborazione con Associazione Olinda Onlus e Cadmo/Le Vie dei Festival
progetto ideato nell’ambito Fabulamundi Playwriting Europe 2014
residenza Carrozzerie n.o.t. 6 Ottobre 2015, Teatro Vascello, Roma
Del testo cechoviano prende solamente i nomi delle protagoniste femminili, Olga, Irina e Masha e del loro fratello Andrej, questo Villa Dolorosa di Roberto Rustioni (Fattore K). Il testo infatti si basa, o meglio s’ispira lontanamente, a quel capolavoro del teatro drammatico russo che è Le tre sorelle, scritto da Anton Čhecov del 1900.
Rebekka Kricheldorf sostanzialmente si appropria di quello che c’è di bello e di drammatico del testo che segna lo spartiacque tra Ventesimo e Ventunesimo secolo, e ne fa un pasticcio.
Ambientato non in Russia, ma in Germania, Villa dolorosa è la vicenda di un nucleo di orfani che ha in gestione una villa decadente. In occasione del compleanno di Irina, di cui si assiste a tre repliche quanti sono gli atti, la casa è visitata da figure che ritraggono la classe borghese contemporanea. Mentre nell’originale (che consta di quattro atti), lo sfondo delle vicende e delle nevrosi dei giovani era la guerra, in questo adattamento insensato lo scenario è privo di una coerenza drammaturgica e letteraria. La metafora della villa che cade a pezzi come emblema di una classe sociale vittima della crisi causata dalle tragiche vicende belliche, è qui adattata come una sorta di festino per ragazzini che non vogliono crescere, interrotti solamente dalle visite di un quarantenne in andropausa con la moglie che tenta e ritenta il suicidio.
Il secondo atto diretto da Rustioni è il momento in cui i dialoghi si fanno più chiari e intensi, e la tensione è ben rappresentata dagli interpreti. Peccato che il primo atto ci restituisca una recitazione da fiction televisiva, e il terzo sia palesemente sciatto, sia nella scrittura che nella regia. La ragione del rimpianto per la buona riuscita di questo spettacolo, è che, in un periodo storico come questo, il testo cecoviano poteva essere un’ottima scelta, se proprio non si ha l’ardire di scrivere un testo originale. Ebbene, i tentativi di rendere tutto ammiccante, in particolare la presenza di ben due impianti stereo nel salotto della villa, e di un giradischi dal quale risuonano le note della sublime Disorder dei Joy Division, oltre che alle improbabili sequenze video usate come stacchetto tra un atto e l’altro, non riescono a far brillare lo spettacolo, ma solo a guastarlo e a renderlo incoerente, incerto.
La Kricheldolf riprende il personaggio di Natasha, la moglie naïf di Andrej, rendendolo attuale. Ma ecco avvenire il disastro: il personaggio è quello di una sorta di coatta non ben identificata, interpretata come uno sketch di Colorado (trasmissione Mediaset), senza spessore recitativo e senza tener conto del confine tra teatro e show. I dettagli positivi sono l’interpretazione di Roberto Rustioni che riesce a far ridere senza essere trash e ad essere credibile nel ménage con la bella Masha, interpretata nella versione presentata al Vascello dall’attrice Emilia Scarpati, brava come le sue “sorelle” Eva Cambiale, l’eterna single Irina, e Federica Santoro, la neo-preside di una scuola superiore (l’intellettuale di famiglia), che con l’Andrej di Gabriele Portoghese costruiscono un ensemble attoriale decisamente affiatato e credibile.
Il problema è il testo, che manca di un finale degno di questo nome, e una regia che non convince, nonostante la bravura degli interpreti. Forse David Guetta e Ian Curtis insieme suonano un po’ schizofrenici. Come questa “Villa dolorosa”: un po’ fiction un po’ teatro drammatico, ma viene da domandarsi, cosa di preciso?