Dal 7 al 17 marzo, presso il Teatro Eutheca, Federica Tatulli veste i panni di Medea nella tragedia di Euripide diretta da Carlo Fineschi.
Medea
Regia: Carlo Fineschi Scene: Paolo Iudice Costumi: Mariella D’ Amico Disegno luci: Luca Barbati Le Argonautiche installazione e videografica a cura di Enzo Aronica Con: Federica Tatulli, Giovanni Grasso, Romano Talevi, Camillo Ventola, Cristina Pedetta, Alessandra Verdura, Matteo Milani, Antonio Rocco, Domenico Bisazza, Giuseppe De Domenico, Iris Dominici, Samuel Moriconi Assistenti alla regia: Vincenzo CiardoDal 7 al 17 marzo 2013 – Teatro Eutheca, Roma
Medea è uno di quei personaggi che riescono a suscitare sentimenti molto contrastanti. E’ una donna che, per amore, arriva non solo a uccidere, ma dimentica anche i legami di sangue più stretti: prima con l’omicidio del fratello, ostacolo alla sua fuga dalla patria per seguire l’amato Giasone, e successivamente giunge a spegnere addirittura i suoi stessi figli, per vendicare il ripudio subito dal marito, padre dei due bambini. La follia di Medea, tanto crudele anche nei confronti di se stessa, induce lo spettatore a provare pietà per lei. Nella messa in scena di Carlo Fineschi tutta la potenza e la forza di Medea sono racchiuse nello sguardo di una notevole Federica Tatulli, che quasi costantemente è teso a coinvolgere il pubblico. Spesso si rivolge ad esso direttamente, soprattutto quando, negli stasimi, dialoga con il coro e racconta la sua infelice condizione di donna ormai lontana da tutti i suoi affetti, per l’amore di un uomo che, desiderando una vita più larga, la ripudia per la figlia di Creonte, re di Corinto.
Nell’intimità dello spazio scenico del Teatro Eutheca, il pubblico è spesso chiamato in causa dal coro, le cui componenti sono sedute tra gli spettatori già dall’inizio, e dalla vicinanza dell’azione scenica, che si svolge in pochi metri quadri racchiusi tra la prima fila e la scenografia delle mura del palazzo di Giasone. Lo stridere degli effetti sonori, associati alle proiezioni lugubri e scure, sottolineano soprattutto lo scontro tra Creonte e Medea e preannunciano la tragedia che di lì a breve si compirà. I costumi sono di epoca moderna: lunghi cappotti neri e grigi. I toni sempre misurati e composti di Medea si scontrano spesso con quelli accesi dei suoi interlocutori che ora la rimproverano per la sua ostinazione, ora la esortano a desistere dai suoi malvagi propositi, ora la pregano di accettare almeno del denaro in vista del suo esilio, come tenta di fare Giasone. Le sue offese al re e a sua figlia le costano infatti l’allontanamento da Corinto.
Ma mentre tutto si muove intorno a lei come mare in tempesta, Medea ha ben chiaro il suo obbiettivo e lo espone con ferma lucidità e lo persegue fino al suo compimento: ucciderà il re e la figlia di lui con l’inganno, ma soprattutto ciò che Giasone ha di più caro al mondo, i figli nati dal loro amore. Ed è proprio il tono asettico con cui espone il suo tremendo piano a costituire uno dei punti di maggiore intensità dello spettacolo. Le luci sembrano rispecchiare la freddezza e la determinazione della protagonista e si adeguano alla monocromaticità della scena e dei costumi. Una guerra da cui tutti escono sconfitti e vittime: morti, se non nel corpo, nell’animo.