Nell’interessante contesto del Festival delle Terre – presso i locali del Nuovo Cinema L’Aquila dal 7 al 10 maggio 2013 – Viviana Uriona e la troupe Kameradisten hanno proposto, con Sachamanta, un documentario in cui al tema della lotta a difesa del territorio e della terra, centrale per la rassegna, si affianca, potenziandolo, quello della comunicazione.
Sachamanta, di V. Uriona, Argentina/Germania 2012, 50′
Regia: Viviana Uriona
Scritto da: Viviana Uriona, Nora Wetzel, Karen Francia
Fotografia: Viviana Uriona, Sebastian Ziccarello
Montaggio: Nora Wetzel
Musica: Raly Barrionuevo
Suono: Jan Gerritzen, Ute Lhning
Lingua originale: Spagnolo
Traduzione e sottotitoli italiani: Kameradisten
In Argentina, a difesa dei terreni che coltivano da generazioni, i contadini riuniti nel Movimento Campesino di Santiago del Estero – MoCaSe-Via Campesina – hanno unito alle concrete azioni di resistenza contro le espropriazioni e alle lotte per la riappropriazione delle aree coltivabili un ulteriore momento: la comunicazione.
Le interviste raccolte da Uriona e dai Kameradistinnen si soffermano nel raccontare, tra i risultati ottenuti dal MoCaSe, la nascita di cinque piccole stazioni radio, indipendenti e autogestite. Questi “nodi comunicativi” vanno a mostrare la loro importanza nel collegare i singoli membri del movimento, nonostante le difficoltà dovute agli ampi spazi e alla loro dura vita contadina.
Il prendere coscienza del fatto che la forza di un gruppo è soprattutto nel legame tra i suoi membri, nel fatto che anche coloro che si trovano ai margini devono poter essere raggiunti, fa sì che l’esperienza radiofonica divenga un punto centrale dell’azione di resistenza.
Le parole semplici ma concrete dei campesinos impegnati nelle lotte vanno a formare un racconto in cui si evidenzia il diverso rapporto con i mezzi di comunicazione e, in questo, il diverso valore che a essi è attribuito. Non c’è sudditanza rispetto al mezzo, la cui importanza dipende dagli esseri umani che ne fanno uso. La radio serve al Movimiento per far conoscere la sua storia, le storie dei suoi singoli membri. La radio serve a questi ultimi per conoscersi, conoscere se stessi e gli altri e, in questo modo, giungere a comprendere meglio quel territorio amato che li circonda e alla cui difesa dedicano le loro vite. La radio serve a crescere e ad accrescere: partecipando alle trasmissioni, gestendole, conducendole, proteggendole, parlando delle proprie esperienze, i contadini si assumono la responsabilità delle loro azioni.
Chiunque può parlare, qualunque sia o sia stata la propria formazione, tutti hanno la stessa possibilità di partecipare a un progetto comune. In questo senso le radio offrono ai singoli la chance di migliorarsi, nell’impegno comune, e creano all’interno del collettivo un collante in grado non solo di rinsaldare i rapporti già esistenti ma anche, e soprattutto, di crearne di nuovi.
I dialoghi fatti sviluppare dalla troupe tra il verde dei campi e il grigio del cielo – dialoghi di cui giungono allo spettatore unicamente le risposte – mostrano un contesto sociale in cui è ancora l’Uomo ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
La radio è uno strumento malleabile, impasto per le tortillas in cui amalgamare tutti gli ingredienti, secondo l’esempio proposto da una delle intervistate, e come tale deve essere manipolato dagli esseri umani.
L’oralità torna a essere ciò che unifica, e nella Parola donne e uomini del MoCaSe sostengono l’onere e l’onore di condividere le proprie scelte a viso aperto, rifiutando al mezzo quella supremazia che troppo spesso gli viene attribuita.