Auditorium Parco della Musica, Roma“En avant, marche!” NTGent / les ballets C de la B Frank Van Laecke, Alain Platel, Steven Prengels regia Frank Van Laecke e Alain Platel composizione e direzione musicale Steven Prengels creato e interpretato da Chris Thys, Griet Debacker, Hendrik Lebon, Wim Opbrouck, Gregory Van Seghbroeck (tuba bassa) Jan D’Haene (tromba) Jonas Van Hoeydonck (tromba) Lies Vandeburie (flicorno) Niels Van Heertum (euphonium) Simon Hueting (corno) Witse Lemmens (percussioni) Steven Prengels (direttore d’orchestra) e la Banda della Scuola Popolare della Musica di Testaccio drammaturgia Koen Haagdorens luci Carlo Bourguignon suono Bartold Uyttersprot scene Luc Goedertier costumi Marie ‘Costume’ Lauwers produzione NTGent et les ballets C de la B in collaborazione con VLAMO 22Febbraio,
Quest’anno il Festival Equilibrio ha come materia d’indagine la relazione tra musica e danza, una relazione tra le più viscerali e ricercate nelle creazioni di danza contemporanea. Lo scorso 22 febbraio è stato presentato En avant marche, uno spettacolo che i registi Frank Van Laecke e Alain Platel hanno creato in collaborazione con il direttore musicale Steven Prengels.
Lo spettacolo è decisamente fuori contesto se si pensa che il Festival per sua natura e dicitura – Equilibrio. Festival della nuova danza – ha sempre privilegiato la forma danzata, il movimento, o al massimo il teatro danza, ma non ha mai relegato, come in questo caso, la danza ad un cammeo di pochi minuti in uno scenario esclusivamente teatrale/musicale.
In questo lavoro, la banda assume un ruolo da protagonista insieme agli attori del NTGent. La volontà dei registi, tra cui spicca Alain Platel, direttore artistico di una delle più importanti compagnie di danza contemporanea, les ballets C de la B, è quello di lavorare con una banda locale in ogni città in cui approdano. Per la replica romana è stata scelta la banda della Scuola Popolare della Musica di Testaccio, affiancata da alcuni musicisti della compagnia che facevano parte integrante dello spettacolo.
Al di là della tessitura poetica di questo lavoro che parte con una citazione da L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello
«Venga… le faccio vedere una cosa… Guardi, qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: – Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: – «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!»
e che sembra evolversi in un osanna nei confronti della vita, un inno di gioia trascinato dalla musica, dalla gioiosa atmosfera della banda. Al di là della bravura degli attori belgi, che passavano dall’italiano, al francese, all’inglese e al fiammingo con grande maestria, e reggevano i fili di una stramba drammaturgia, con intensità, presenza scenica e spirito di improvvisazione. E al di là di una precisione tecnica d’ insieme e della bravura dei musicisti nostrani, ci si chiede che motivo c’era di inserire uno spettacolo del genere in un Festival di danza, come se di spettacoli di danza e di Festival di tale caratura ne avessimo già abbastanza.
Non si discute la piacevolezza dello spettacolo, che comunque non arriva a toccare le corde profonde dell’emozione, ma il suo inserimento. Uno spettacolo parzialmente riuscito in un contesto sbagliato.