La chiusura della decima edizione del Festival Equilibrio dell’Auditorium Parco della Musica è affidata ai vincitori del Premio Equilibrio dell’anno scorso. L’interprete Francesca Foscarini con un solo creato per lei dalla coreografa israeliana Yasmeen Godder e il regista/coreografo Glen Çaçi con il suo Hospice.
Gut Gift
coreografia Yasmeen Godder
creato e interpretato da Francesca Foscarini
musica Hajasch
sound designer Tomer Rosenthal
Hospice
Spettacolo vincitore Premio Equilibrio 2013
di Glen Çaçi
con Glen Çaçi, Silvia Mai
disegno luci e assistente alla drammaturgia Andrea Saggiomo
foto di Guido Calamosca
23 Febbraio 2014, Auditorium Parco della Musica, Roma
A suggellare il lungo e intenso mese di danze trascorso all’Auditorium in scena i lavori dei giovani vincitori del Premio Equilibrio dello scorso anno.
Ad aprire la performance la vincitrice del primo premio per l’interprete che è stato attribuito alla danzatrice Francesca Foscarini. Infatti, dall’anno scorso, il premio Equilibrio è stato sdoppiato e, ad affiancare il premio di 20.000 euro per la produzione dello spettacolo vincitore, si è aggiunto un riconoscimento di 10.000 euro per le capacità interpretative di un particolare danzatore. La Foscarini con la sua vincita ha avuto l’opportunità di creare un solo con un coreografo di fama internazionale. La sua scelta è caduta sulla coreografa israeliana Yasmeen Godder che ha creato per e con lei Gut Gift. Partendo da processi fisici prestabiliti, la Godder ha messo in gioco il corpo e la psiche della sua interprete, la quale adeguandosi a dei meccanismi non propri è riuscita a tirar fuori dei lati istintivi e primitivi della sua danza, del suo movimento. Questa gestuale ha naturalmente influito anche sull’interpretazione. Con autoironia, mettendo a nudo le sue fragilità e sfidando il pubblico attraverso lo sguardo si è rilevata un’interprete interessante e decisa.
Il secondo e ultimo momento della serata è interamente affidato a Glen Çaçi, che ha presentato, come da bando del premio, una versione di 50 minuti dell’Hospice visto l’anno scorso in versione breve. Quello che ha colpito maggiormente nell’intera pièce è l’atmosfera creata dalla mente del regista. Attraverso suoni, oggetti scenici, luci, colori e musiche è riuscito a trasformare la Sala Petrassi in un ambiente rarefatto, in cui il tempo scorreva lento, ciclico e inesorabile. Catapultati in questo ospizio mentale e reale, l’attesa è il sentimento più riconoscibile, un senso di ineluttabilità della vita umana, degli incontri, dei ricordi. Gli interpreti molto intensi nella presenza scenica sono riusciti a mantenere queste sensazioni per tutto il tempo, senza perdere di profondità. Uno spettacolo che, per assurdo, sarebbe stato migliore anche senza momenti danzati, reggendosi benissimo soltanto con la gestuale atletica e precisa dei due attori/danzatori.
Come resoconto finale del Festival del 2014 possiamo dire di essere quantomeno soddisfatti dell’opportunità che ogni anno l’Auditorium riserva al pubblico capitolino e non. Grande merito va dato a chi riesce con professionalità a presentare questa vetrina di nomi noti e meno noti, in un periodo in cui la danza, ma le arti in generale, stentano ad avere un ruolo decisivo.