Tra le pellicole fuori concorso del Festival Internazionale del Film di Roma spicca Il Venditore Di Medicine un’opera di denuncia cinica e disincantata firmata da Antonio Morabito e con Claudio Santamaria come protagonista. Il film narra la storia di un informatore medico, l’ultimo anello della catena della pratica illegale del “comparaggio”, il sistema di corruzione che lega i medici alle case farmaceutiche.
Il Venditore di Medicine di Antonio Morabito, Ita/Svi 2013, 105’
Soggetto: Antonio Morabito
Sceneggiatura: Antonio Morabito, Michele Pellegrini, Amedeo Pagani
Fotografia: Duccio Cimatti
Montaggio: Francesca Bracci
Musica: Andrea Guerra (Bixio C.E.M.S.A.)
Scenografia: Isabella Angelini
Produttore: Amedeo Pagani
Produzione: Classic Srl (Italia), Peacock Film (Swiss)
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Bruno ha quasi quarant’anni ed è un informatore medico, uno di quei tipi benvestiti che passano davanti ai pazienti nelle sale d’attesa degli studi medici armati della valigetta d’ordinanza e di una sicurezza untuosa e preimpostata.
Il protagonista si presenta subito allo spettatore come un fuoriclasse nel suo lavoro che in realtà consiste nella corruzione – a volte ipocrita e sottile, altre volte grezza e spudorata – dei medici, affinché prescrivano i farmaci della casa farmaceutica per cui lavora: la Zafer. La sua azienda, che foraggia coscienziosamente questo sistema come ogni altra big della settore farmaceutico, sta vivendo un momento di crisi e minaccia tagli al personale. Bruno capisce che sta rischiando il licenziamento e questo mina tutte le sue certezze, facendogli perdere baldanza e brillantezza sul lavoro, precipitandolo in una crisi che si riflette anche sulla sua vita privata. La moglie Anna, insegnante del liceo, vorrebbe avere un bambino e Bruno, che già le mente sulla reale natura del suo lavoro, inizia a somministrarle pillole anticoncezionali di nascosto. La svolta arriva grazie al capo area della Zafer che comunica a Bruno che può salvarsi dal licenziamento solo se riuscirà a convincere il professor Malinverni (interpretato da un esilarante Marco Travaglio prestato al cinema), un potente e apparentemente incorruttibile primario, a utilizzare uno dei loro farmaci per la chemioterapia dei suoi pazienti. Bruno si getta a capofitto in questa “missione”, muovendosi al di sopra di qualsiasi soglia morale e legale, sempre più immerso nella logica crudele di un sistema retto da bisogni indotti e totale disinteresse sociale.
La vera forza di questa pellicola, in chiave divulgativa e di denuncia, sta proprio nell’aver mantenuto il suo cinismo dall’inizio alla fine. I servizi giornalistici sullo scandalo del “comparaggio” tra medici ed informatori farmaceutici – che aprono e chiudono la pellicola – ribadiscono la veridicità della problematica esposta. Il dramma familiare di Bruno e sua moglie segue la storia su un differente binario narrativo, quello melodrammatico, che però non scalfisce la solidità della pellicola. Morabito è quindi riuscito nel non facile compito di realizzare un’opera di denuncia che non scade in facili isterismi lapidari. Il Venditore di Medicine è un gran film – uno dei migliori della kermesse – che racconta e informa senza tradire le regole del buon cinema e della messa in scena.
Dice il regista: «Bruno, apparentemente mostruoso, non è altro che l’emblema della società che lo circonda: ne incarna le contraddizioni, l’ansia, la corruzione, l’impunità». Ed è questo che colpisce lo spettatore agli occhi e al cuore dai titoli di testa ai titoli di coda.