Alla presenza del regista Alex De la Iglesia e di parte del cast, si è svolta, sabato 9 Novembre, durante l’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, la proiezione del suo ultimo film, Las Brujas de Zugarramurdi.
Las Brujas de Zugarramurdi, di A. De la Iglesia, Spa 2013, 110′
Soggetto e Sceneggiatura: Alex De la Iglesia e Jorge Guerricaechevarria
Produttore: Enrique Cerezo
Casa di Produzione: Enrique Cerezo Producciones, Cinematograficas S.A., La Ferme! Productions
Montaggio: Pablo Blanco
Fotografia: Kiko De la Rica
Costumi: Paco Delgado
Interpreti: Javier Botet, Mario Casas, Carmen Maura, Hugo Silva, Carlos Areces, Carolina Bang,
«Corri Cristo, corri!».
Cosa ci fanno un Gesù in croce, un soldato, uno Spongebob, Minnie & Topolino nel bel mezzo di una delle principali piazze di Madrid? Semplicissimo: fingendosi artisti di strada tentano un colpo gobbo a un compro oro per risollevare le loro sorti economiche e soprattutto esistenziali. Peccato però che Gesù porti sul luogo della rapina suo figlio innescando una serie di cortocircuiti geniali e abilmente mostrati dall’ottima regia di De la Iglesia. L’incredibile fuga a bordo di un taxi, in compagnia del tassista sequestrato e del suo cliente sfigato, porterà i superstiti fino a Zugarramurdi, paesino al confine con la Francia e patria funesta di un gruppo di streghe che attendono la rinascita della loro madre luciferina, una sorta di gigante Venere di Willendorf metafora formosa di tutta la logica inversa femminile e dei suoi comunissimi quanto insidiosissimi derivati. Il male è la donna nella sua accezione più generale: madri, mogli, figlie, amiche, Angela Merkel… insomma, STREGHE pronte a vincolare l’uomo con la loro sensualità lussureggiante per poi domarlo e rivoltarlo come un misero calzino centrifugato nella lavatrice dell’isteria e poi rammendato dall’ago e filo dell’adulazione. Attenzione però, Las Brujas de Zugarramurdi va ben oltre quello che potrebbe sembrare in questo caso un principio insipido di politically uncorrect.
Non si tratta di misoginia o di machismo estremizzato, ma di vera e propria disperazione maschile in cui si scorge una sorta d’ironico rovesciamento sociologico – o addirittura antropologico ? – dei luoghi comuni riguardanti il ruolo dell’uomo e della donna. Gli anelli rubati dai protagonisti da promesse mancate e sogni infranti si trasformano in nuovo simbolo del potere femminino, androgino e stregonesco.
Con dichiarazioni spiccatamente ironiche De la Iglesia definisce la sua pellicola: «Un film normale su gente normale, persone che hanno dei problemi con le partner, le ex mogli; un film in cui le donne se ne approfittano e gli uomini sono loro schiavi. La filosofia del film è semplice: le donne sono terribili!». Di sicuro impatto visivo, nel film, sono la labirintica casa delle streghe e le celebrazioni del sabba; tuttavia il vero merito del regista sta nel fondere con grande capacità visiva, volutamente barocca, vari generi: l’action movie, il grottesco, l’horror e la commedia si uniscono, infatti, all’interno di un quadro surrealistico e dal chiaro registro ironico che rivitalizza l’ipocrita naturalezza dei luoghi comuni nel suo incrocio con l’elemento fantasy e soprannaturale delle streghe. E il finale non fa che avvalorare questa tesi: l’amore, ai tempi dello splatter, vince sempre, almeno fino a quando non ricominceranno le solite e comunissime vicissitudini di cui il film esalta il carattere spiccatamente ironico e quotidiano per decentrarlo in un contesto virtuoso e originale.