Presentato in concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, Out of the Furnace, opera seconda di Scott Cooper, è un american movie che fonde alcuni tratti tipici della cinematografia americana con la crisi del soggetto contemporanea.
Out of the Furnace, di S. Cooper, USA 2013, 110′
Soggetto e Sceneggiatura: Scott Cooper
Fotografia: M. Takayanagi
Montaggio: D. Rosenbloom
Musiche: D. Hinchliffe, E. Vedder, A. Iglesias
Casa di produzione: Appian Way, Energy Entertainment, Red Granite Pictures, Realativity Media, Scott Free Productions
Interpreti: C. Bale, C. Affleck, W. Dafoe, W. Harrelson, Z. Saldana, F. Whitaker, S. Shepard
Out of the furnace tradotto letteralmente significa essere fuori dalla fornace, dal caldo metaforicamente inteso sia come il tepore della stanza accogliente scaldata da un camino, sia come l’ustione mortale cui si rischia d’incorrere scherzando col fuoco.
I fratelli Baze, protagonisti della pellicola di Scott Cooper, sono americanissima incarnazione caratteriale di questa discrepanza. Russell – interpretato da un Christian Bale di poche parole – lavora nell’acciaieria locale seguendo, senza alcun patema esistenziale, le orme paterne; Rodney – un Casey Affleck su di giri – è un soldato che deve combattere contro i suoi debiti e soprattutto contro i fantasmi delle missioni in Iraq a cui è traumaticamente sopravvissuto. Ai silenzi e al paternalismo fraterno del primo – che ha passato alcuni anni in carcere per aver ucciso delle persone in un incidente stradale – corrispondono le sbandate e i comportamenti disperati del secondo che, vittima di una coazione a ripetere, continua a combattere clandestinamente, nonostante sia tornato vivo e vegeto dalla guerra, fino alla morte, evidente punto di svolta della pellicola il cui più esplicito riferimento è Il cacciatore di Michael Cimino.
Così come Robert De Niro lascia sopravvivere il cervo puntato in una battuta di caccia, stessa cosa fa Christian Bale. Così come Christopher Walken “giocava” alla roulette russa, stessa cosa fa Casey Affleck combattendo senza alcuna pietà per se stesso. La volontà di lasciare in vita l’altro si scontra con il suo paradosso: la richiesta di morte del soggetto.
Il freddo e pio Russell, che sembrava accettare qualsiasi evento gli accadesse, diviene ancor più razionale e calcolatore: i conti con chi ha ucciso il fratello devono essere regolati.
L’attenzione verso i paesaggi, i primi piani, le musiche melanconiche e la trama di Out of the furnace – non priva di alcuni evitabili buchi all’inizio e alla fine della pellicola – sono figli legittimi del cinema classico americano; i suoi dialoghi scarni, il trauma post-bellico, la sete di vendetta e il ritratto indie di una cittadina in crisi economica – l’acciaieria in cui lavora Russell chiuderà – ci conducono verso quel cinema contemporaneo che ha i suoi punti più alti in Nella Valle di Elah di Haggis e Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen. Tutto ciò rende Out of the furnace un film godibile, che, nonostante una struttura troppo vicina ad alcune pellicole del passato, mostra coerentemente uno sguardo disincantato sul presente.