Fireworks

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Lorenzo Simonini, regista di vari cortometraggi e fotografo, espone, dal 9 al 30 giugno, per la prima volta da solo, le otto foto del suo progetto Fireworks presso l’Officina del Caffè Beach, a Viareggio.

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1. Con la parola Fireworks s’intendono i fuochi d’artificio, anche se letteralmente la parola significa lavori di fuoco. Qual è stato l’obiettivo principale di questo tuo progetto fotografico?

Lorenzo Simonini: Il titolo Fireworks altro non è che un punto di partenza da cui poi si è sviluppato un lavoro del tutto libero. Non è importante prendere questa parola per la sua accezione letteraria, ma, anzi, bisogna cercare di liberarsene. Lo spettatore ammira le fotografie per perdersi dentro di esse, andando oltre la semplice percezione visiva. Se riusciamo a penetrare dentro questa ideologia, la libera fantasia di chi contempla darà vita a una infinita serie di possibili interpretazioni, diversa da soggetto a soggetto, tali da sprigionare una sensazione emotiva fortissima. L’obiettivo principale è proprio questo: non limitare il nostro sguardo al suo valore sensoriale, ma coinvolgere liberamente tutto il nostro ego per sprigionare la propria magnificenza intellettuale ed emotiva.

2. Nelle tue foto cerchi di cogliere il momento in cui il “fuoco” esplode, in cui diviene immagine istantanea per poi dissolversi nell’attimo successivo. Quale estetica ritieni che sia sottesa al tuo lavoro?

L. S.: Se la vita è l’unione tra la forma e il flusso, queste fotografie sono in grado di cogliere un’essenza di luce che in un istante si materializza, ma che, subito dopo, si dissolve. La filosofia di questo progetto vuole condurre il visitatore a immergersi dentro questo flusso, secondo l’ordine della disposizione delle fotografie, e al tempo stesso, nel momento in cui ne osserva una, lo invita a realizzare una forma che nasce dentro di sé, attraverso le proprie emozioni. Subito dopo, però, tale forma si dissolverà nuovamente, proseguendo nel flusso, per poi materializzarsi ancora in un’altra forma, e così via, all’infinito. La mostra potrebbe avere un numero infinito di fotografie, ma alla fine ne ho scelte 8 perchè tale numero richiama il simbolo dell’infinito (∞).

3. Infine, una domanda legata strettamente al mezzo fotografico: che macchina fotografica usi? Sei favorevole ai mezzi di postproduzione come ad esempio Photoshop e altri programmi digitali? Nelle tue foto usi sia il bianco e nero che il policromatico; quale tipologia preferisci e perché?

L. S.: Io utilizzo la mia fedele Canon EOS 500D, quindi lavoro prettamente in digitale. Sì, sono favorevole all’uso di mezzi di postproduzione, perchè dipende dall’uso che se ne vuole fare. Anche il digitale, come l’analogico, va sviluppato. Sono cambiati i mezzi, ma il percorso è rimasto lo stesso. Ciò che non mi piace è, invece, l’abuso di questi mezzi di postproduzione. Alla fine, ciò che conta è lo scopo per cui si fa una tipologia di fotografie piuttosto che un’ altra. L’importante, secondo me, è non utilizzare tali software per realizzare fotografie ex novo, oppure per camuffare immagini che generalmente la gente potrebbe ritenere brutta. Se il fine è particolare va bene, altrimenti se ne fa un uso non corretto. Non ho una preferenza per il b/n o il policromatico, anche in questo caso dipende dal fine. Adoro poter lavorare con entrambe le tipologie di cromia, a seconda delle sensazioni che mi emana l’immagine, perchè essa interagisce sempre con me. E io con lei.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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