Lo Spazio D del Maxxi ospita fino al 26 marzo Fly to Baku, mostra in cui 21 artisti azeri, di differenti età, espongono ben cento opere create appositamente per l’evento. Installazioni, quadri, sculture invitano lo spettatore a scoprire un’arte che si colloca all’interno di quel fondamentale snodo geografico tra Oriente ed Occidente.
Titolo: Fly to Baku
Curatori: Hervé Mikaeloff e Emin Mammadov
Artisti: Aga Ousseinov, Aida Mahmudova, Ali Hasanov, Altai Sadiqzadeh, Eliyar Alimirzoyev, Enver Askerov, Faig Ahmed, Fakhriyya Mammadova, Farid Rasulov, Huseyn Haqverdi, Irina Eldarova, Leyla Aliyeva, Mammad Mustafayev, Melik Aghamalov, Mirnadir Zeynalov, Niyaz Najafov, Orkhan Huseynov, Rashad Alakbarov, Rashad Babayev, Sanan Aleskerov e Tora Aghabayova.
fino al 26 marzo 2013
In foto: Senza titolo di Farid Rasulov
Il dare da pensare è il pendant di una nuova e inaspettata collocazione geografica dell’arte contemporanea. La mancanza di punti cardinali, riscontrata nella quiescente confusione di quegli aerei colorati di plexiglas che pendono dall’alto puntando tutti verso una direzione diversa, implica un nuovo orientamento straniante. La loro staticità è, infatti, una bugia: siamo di fronte a una vera e propria bufera artistica.
Le opere di Altai Sadiqzadeh presenti nella mostra si dividono tra stilizzazioni quasi puerili raffiguranti alcuni luoghi della capitale dell’Azerbaigian, Baku, e implosioni formali del corpo semiumano. Nei quadri intitolati Persona, figure animalesche echeggianti fenicotteri multicolori giocano con la loro policromia e con le tante scritte presenti all’interno delle opere stesse, quasi a voler indicare come il titolo palesi la germinazione di un essere umanoide soltanto nel parallelo tra forma vivente e scrittura alfabetica/numerale generata da un intelletto.
La relazione con il non vivente è invece al centro dei tre Senza Titolo di Farid Rasulov. Natura morta, anzi, uccisa, emerge dall’azzurro dello sfondo delle tre lunghe tavole dell’artista con-fondendosi con quegli stessi attrezzi che sembrano averla assassinata. Ci troviamo di fronte alla scena di un delitto, dai colori ben definiti, iperealistici, in cui omicida e assassinato si trovano ancora sul luogo del misfatto. In ognuno dei tre quadri è presente una figura al limite tra l’imbalsamato e il plastificato. Con i loro sguardi vitrei, una bambola, un pennuto di chissà quale specie e un pollo da una parte sembrano essere i mandanti del polposo omicidio, dall’altra s’insinuano nelle tele come testimoni voyeuristici della vivisezione feticistica della frutta.
La donna è il centro del ciclo di opere grafiche su carta lucida di Leyla Aliyeva. Sensualità, passioni ed emozioni si uniscono nel tratto pulsante con cui l’artista disegna figure femminili visibili in tutta la loro arzigogolata bellezza. Quella di Aliyeva è una pittura infinitesimale in cui la pelle sembra assumere lo statuto di squama ipnotica affinché possa essere manifestata la presenza di un’identità sottaciuta e sottocutanea, sirenica, che si può ritrovare in quell’ape contraddittoria raffigurata all’interno del cuore di Heart Ache.
Ornament di Rashad Alakbarov è un’opera in cui i conti non tornano. Una luce proiettata attraverso una serie di travi di legno accatastate l’una sull’altra produce su un muro una serie di poligoni perfettamente regolari. All’incomprensione del materiale caotico fa così da contraltare la geometrizzazione murale creatasi mediante il gioco tra luci e ombre.
L’Azerbaigian pulsa di arte. Fly to Baku è l’impossibilità di non rimanere colpiti dalla pregnanza e dalla saturazione immaginifica di una creatività artistica in cui è sedimentata la cultura azera e la sua voglia di progresso. Ci troviamo di fronte a un dispetto: Fly to Baku ci permette di scoprire un’arte finora sconosciuta ai più, quasi accusandoci di questa mancanza di conoscenza.