F. Fontana | Full Color

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Puglia_Franco-Fontana_1978

-®Puglia_Franco-Fontana_1978

Franco Fontana Full Color

Fandango Incontro, Palazzo Incontro,

via dei Prefetti, 22, 00186 Roma

dal 15 ottobre 2014 all’11 gennaio 2015

È il colore il soggetto predominante dell’estetica di Franco Fontana. Esso dà forma al circostante attraverso una sua sovraesposizione abbacinante e metafisica, eccedente in una continua ridefinizione delle forme geometriche del paesaggio urbano e naturale che svela, senza nascondere un notevole lirismo, un’iperinterpretazione del reale mediante l’occhio fotografico.

«Fotografare è un atto di conoscenza: è possedere. […] La creatività […] interpreta diventando la ricerca della verità ideale. La fotografia creativa non deve riprodurre ma interpretare rendendo visibile l’invisibile».

“Accusare” Franco Fontana di platonismo fotografico è senza dubbio limitante. Le sue fotografie nascondono piuttosto un’apertura al segno altro, spesso antropomorfo, che con la sua presenza voluminosa ci lascia in uno stato d’interrogazione meravigliata e confusa. In Puglia 1978 il contrasto tra il giallo della Terra e l’azzurro del Cielo è disturbato. La verticalità della foto viene messa in crisi da una lunghissima ombra nera orizzontale e dall’apparire di due candide nuvole, elementi che perturbano la fermezza del paesaggio con il loro pulsare di vita propria.

-®Franco Fontana_Puglia 1987

Nei paesaggi la fotografia di Fontana si esalta facendo straripare qualsiasi descrizione della realtà in una sorta di “iperrealismo” metafisico e abbagliante che lascia stupefatti. Il verde della Basilicata, l’arancione del Marocco vibrano di un vitalismo quasi sfrenato che rinchiude l’occhio in una visione nuova e definita dello spazio. È una vera e propria fertilità dello sguardo, un’immersione, anche grazie a un sapiente gioco della luce, in un misto di curvature e onde che dona ai paesaggi, carichi di una solitudine stazionaria priva di qualsiasi erranza, una loro dinamicità intrinseca e detonata.

Nella serie Mari, cielo e mare battagliano in un (in)-differenziarsi di colori. È un contrasto che apre uno spazio altro alla ricerca di una idealità non di questo mondo; un gioco che assume lo specchiarsi – come in Seascape 2002, in cui il mare riflette i colori di un tramonto –, la completa differenziazioneNeve, Emilia 1990 in cui a un mare blu profondo si oppone un cielo completamente bianco in una raffigurazione che sembra presagire l’infernale – e la specularità autoreferenziale dei due elementi – come in Comacchio 1976, in cui la distinzione orizzontale scompare come se fossimo di fronte a un processo in cui il Sé diviene invisibile nella conglomerazione con l’Altro e viceversa.

-®Franco Fontana_NEWYORK 1986

-®Franco Fontana_NEWYORK 1986

 

Dov’è l’uomo in tutto ciò? La doppia dittatura della luce e del colore raggiunge il suo apice proprio nell’apparire dell’umano e, di seguito, negli elementi antropomorfi analizzati. Nelle fotografie scattate negli Stati Uniti, Fontana raggiunge una dimensione hopperiana. Frangenti colti di sfuggita, attimi congelati, danno l’idea di un unicum eterno del passato e del presente in cui solitudine e solipsismo sono rappresentati anche attraverso la molteplicità indistinta della massa umana. Fontana gioca con diverse declinazioni dell’elemento temporale: in Alessandria 2001 (serie Asfalti) il terreno rivela la sua colorata grafia antropomorfa. Un insieme di segnali convenzionali e bandiere cromatiche assume su di sé una doppia temporalità: quella della presenza, corrosa dal passare delle macchine e dagli agenti atmosferici, e quella dell’istante dell’indicazione.

L’uomo è un Demiurgo nei e dei suoi feticci. Il cartello stradale di Los Angeles 2008 è un accogliere la presenza umana, delegata e dileguata in un multistrato colorito di paesaggi artificiali in cui gli artefatti sono lucciole, bagliori di una presenza operativa che comanda, geometrizza e legittima anche l’inusuale curva di un tubo di scarico posto su un muro violaceo. Questa ludicità dell’esser contemporaneamente presenti e assenti è esemplare per il pensiero di Fontana: in Phoenix 1979 l’essere umano viene doppiamente mostrato e negato. L’oggetto automobile (prima presenza-assenza), unico elemento orizzontale nella verticalità a strisce del rosso-bianco dell’intorno, è coperto da un semplicissimo telo grigio copriauto (seconda presenza-assenza). L’invisibile così si dà forma, dichiara il suo prendersi gioco autocoprendosi e debordandosi nell’accettazione del compromesso del visibile.

-®Franco-Fontana_Phoenix-1979

®Franco-Fontana_Phoenix-1979

In tutte le fotografie di Fontana vi è una certezza: a farla da padrone sono sempre i colori fortissimi, che ridefiniscono secondo la loro volontà tutto lo spazio del reale, costruendolo senza decostruirlo, implementandolo in un essere oltre il realismo. «Lo spazio non è ciò che contiene la cosa ma ciò che emerge in relazione della cosa».

Full Color, Full Life.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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