IMMAGINARIA COMMEDIA
uno spettacolo scritto e interpretato da Duccio Camerini & Alfonso Sessa
regia di Duccio Camerini
musiche Alchimusika
luci Alessio Manuali
produzione La Casa dei Racconti
24 giugno 2012, 0re 20.30
Villa Mercede, Roma
Partire in cerca di realizzazione o restare per cambiare le cose?
Immaginaria Commedia parte da una suggestione per poi precipitare, meravigliosamente, in un racconto appassionato. La suggestione è che attori ed emigranti appartengano alla stessa pasta d’uomini, gente che è ovunque e in nessun luogo, accomunati da fame di tornare e speranza di mangiare.
Il testo, scritto a quattro mani da Alfonso Sessa e Duccio Camerini, ci prende per mano e non ci molla mai, neanche per un istante. Gli spettatori sono subito chiamati in causa, interpellati, su quello che è un problema di ieri e di oggi: la possibilità che la terra dove si nasce non sempre ci resti sotto i piedi. Poi, in un attimo, ci si trova catapultati indietro nel tempo: siamo in Francia, alla corte del Re Sole, e ascoltiamo le avventure di una compagnia di comici italiani.
Immaginaria Commedia è una storia che contiene altre storie, un racconto come “grande rete”, per dirla con Italo Calvino. È una riflessione sulla condizione esistenziale dell’attore attorno e all’interno di un racconto di un’epoca passata: come Jean Baptiste Poquelin, in arte Molière, un ragazzo ammalato di vita come il suo maestro Tiberio Fiorilli, trasformò la sua vita in un enorme palcoscenico.
Chi ha avuto l’occasione di vedere questo spettacolo prima del Fringe Festival, ad esempio nella rassegna L.e.t. del 2011, ha avuto l’ennesima conferma di come la regia di Duccio Camerini renda gli spettacoli viventi e quindi mutanti. Una messa in scena successiva ci regala sempre qualcosa in più, la troveremo sempre modificata, impreziosita di particolari funzionali al racconto e, in questo caso, alla commedia dell’arte, come la scena del funerale, ma allo stesso tempo sapientemente asciugata.
Immaginaria commedia è un racconto gonfio di vita e di passione. La poesia del testo si mescola continuamente con l’agire scenico e le due voci si moltiplicano in maniera esponenziale. La vitalità narrativa degli interpreti ci fa vedere tutto quello che non c’è e compie un grande atto d’amore restituendo il teatro alla mente dello spettatore. La nostra immaginazione viene bombardata e delle stelline diventano più che sufficienti per vedere le candeline della torta di compleanno della regina e i fuochi d’artificio.
In scena, Duccio Camerini e Alfonso Sessa non sono mai soli. È un continuo pullulare di personaggi: Jean Baptiste, Tiberio, Luigi XIV, Maria Teresa di Spagna e i suoi amanti, Pulcinella e gli altri comici della compagnia, il padre di Molière, che voleva il figlio avvocato e non attore, non reietto, e tanti altri. Persino una scimmietta. E i due attori ovviamente, quelli presenti, Duccio e Alfonso, che all’inizio della storia, in un prologo divertente che funge un po’ da presentazione e un po’ da dichiarazione programmatica, legano con un nodo se stessi al proprio ruolo, o meglio, il ruolo d’attore al proprio destino di uomo. La vita al teatro e il teatro alla vita. Ogni smorfia è un filo teso sul quale il riso e il pianto cercano un instabile equilibrio, sempre intrecciati, legati, a un nodo che è la vita stessa. Ogni attore è un nodo che ha in tasca il suo pettine. Il teatro, quello fatto da chi ci crede, da chi lo sceglie, non è finzione ma verità e diventa vita. E non è poco. È sempre vera la luce dell’arte sul volto che arretra. Con una smorfia. Nient’altro.