di, regia di e con Elvira Frosini
luci Dario Aggioli
materiali di scena Antonella Santarelli
musiche originali Marco Maurizi
collaborazione artistica Daniele Timpano
aiuto regia Alessio Pala
uno spettacolo Frosini/Timpano
produzione Accademia degli Artefatti | Kataklisma teatro
in collaborazione con Officine CAOS/Stalker Teatro
4 Marzo 2017, Teatro India, Roma
Dal 28 febbraio al 5 marzo 2017 il Teatro India ha ospitato una personale del lavoro artistico di Elvira Frosini e Daniele Timpano, presentando quattro dei loro spettacoli. Digerseltz – rappresentazione del 2012 -, è il terzo lavoro proposto, uno spettacolo significativo per la coppia dei due artisti, che segna l’inizio del loro impegno sul tema del declino culturale e sociale, del vuoto esistenziale in cui ci troviamo.
Digerseltz è uno spettacolo controverso e spaventoso, in un certo senso anche cattivo.
La scena si apre con la sala completamente immersa nel buio. L’oscurità che ci avvolge è accompagnata da una serie infinita di rumori molesti provenienti dal palco, suoni che non possono essere ignorati e sono brutalmente percepiti dalle nostre orecchie, si è quasi costretti a prestargli attenzione. Per sessanta minuti circa Elvira Frosini ci porterà all’interno di un delirante monologo.
Il tema che l’attrice ci pone e nel quale s’interroga lei stessa è la consumazione: del cibo, degli oggetti, delle persone, la consumazione di noi stessi e delle nostre vite asettiche. Quello a cui si assiste e partecipa direttamente è una sorta di viaggio all’interno di un inferno quotidiano. Attraverso aneddoti riguardanti la bulimia, il materialismo spirituale, il cinismo e la religione a nostro uso e consumo, l’artista descrive la società in cui viviamo, come un essere completamente incapace di fermarsi e di capire cosa mettersi in bocca.
Elvira Frosini assumerà a volte le vesti di un’innocua adolescente, altre volte quelle di una terribile strega veggente che sembra volerci vomitare addosso parole senza freni, discorsi e sentenze spietate, che colpiscono le coscienze come pietre.
L’Horror Vacui sembra essere il comun-denominatore che accompagna tutti i nostri rituali, i nostri schemi, dalla partita di calcio, all’ora dei pasti in famiglia. La comunicazione tra persone non esiste più, come non esistono più l’empatia e la compassione, com’è detto, anzi, cantato, ad un certo punto dello spettacolo: – tu non sei me, io mangio te – scoprendo orribilmente che anche noi siamo diventati dei divoratori e dei consumatori, dei cannibali, in altre parole, divorati e consumati allo stesso tempo, all’interno di una catena che sembra impossibile spezzare.
Tutto questo è narrato da una mirabile e intensa Frosini, che riesce ad essere terribilmente tragica come assurdamente ironica, in un testo incredibilmente forte e linguisticamente sublime.
Uno spettacolo deciso e travolgente, che inevitabilmente disturba la nostra sensibilità spesso un po’ ipocrita. Alla fine del lavoro la sensazione è quella di essere stati completamente invasi dall’opera, che mette a nudo e rende vulnerabili.
Grazie ad artisti come la compagnia Frosini/Timpano il teatro scopre o riscopre la bellezza di farsi fastidio e di domandarsi scomodamente quel quesito molesto di cui a volte abbiamo bisogno per restituire quella parte inviolabile, vuota e sacra, alle nostre vite. Digerseltz ci mette di fronte ai nostri sensi di colpa sociali, al nostro buonismo sterile e improduttivo, e lo fa in un modo crudele e beffardo, in un mix di emozioni, in cui alla fine, c’è bisogno di qualcosa per poterlo digerire del tutto.
Un Digerseltz, appunto.