Noi siamo Francesco, di Guendalina Zampagni, Italia 2014, 90′
Produzione: Arancia Cinema con il sostegno di Apulia Film Commission
Distribuzione: Microcinema @ dal 25 giugno al cinema
«L’ironia inaspettata dei disabili che ho incontrato lavorando lungamente a questo progetto, mi ha dato il coraggio e la certezza che, dopo il primo impatto di disagio, quello che sarebbe rimasto fondamentalmente guardando il film sarebbe stato semplicemente il “banale” fatto che siamo tutti, qualsiasi sia la nostra condizione fisica, pieni delle stesse paure e degli stessi desideri».
Parlare di disabilità non è mai facile. Parlare di disabilità al cinema senza cadere nei soliti stereotipi, clichè o grotteschi escamotage, è davvero difficile. Eppure Guendalina Zampagni con il suo Noi siamo Francesco – il suo secondo lungometraggio – riesce con innovazione e intensità nell’intento, un po’ come aveva fatto qualche anno prima Jacques Audiard con il meraviglioso e struggente Un sapore di ruggine e ossa.
La Zampagni si approccia al tema senza renderlo pesante. La storia, finalista del Premio Solinas 2010, nasce dall’incontro della regista con un ragazzo di nome Francesco, privo sia di braccia che di gambe. Il tema è stato successivamente approfondito grazie all’incontro con altri ragazzi affetti dalla stessa patologia, tra cui Elena, una ragazza pugliese conosciuta a pochi giorni dall’inizio delle riprese e che si è rivelata essere supporto indispensabile durante il set.
Noi siamo Francesco è una storia d’amore diversa. È la storia di una madre (Elena Sofia Ricci) che ha cresciuto suo figlio da sola e che in questa fase così critica della giovinezza ha paura per i suoi limiti, per le sue difficoltà in quello che è il tema più scottante per qualsiasi genitore: il sesso. Noi siamo Francesco è la storia di un’amicizia, quella con Stefano (Gabriele Granito), Maddalena (Diletta Acquaviva) e Sofia (Gelsomina Pascucci), che può andare oltre la disabilità affrontando la vita con coraggio e grinta, con leggerezza ed un pizzico di spensieratezza.
Perché un “limite” dovrebbe fermarci? Perché due mani o due gambe dovrebbero definirci normali? L’eccezionale esordiente Mauro Racanati, protagonista del film, s’interroga proprio sulla definizione di normalità e sulla possibilità che un sentimento come l’amore possa essere provato solo da “persone normali”. Ed è proprio su questo che Noi siamo Francesco si concentra. La storia di Francesco potrebbe davvero essere la storia di chiunque, proprio perché capace di affrontare tematiche, come l’amore ed il sesso, la timidezza e l’amicizia, che riguardano tutti, diversamente abili o meno. Storie vere e semplici, in cui è possibile immergersi empaticamente.
Lo spettatore, fin dalla prima simpaticissima scena in stile mockumentary, in cui ogni personaggio racconta la sua prima volta, si lascia accompagnare per mano tra i paesaggi pugliesi, entrando silenziosamente nelle vite rumorose dei suoi protagonisti. I giovanissimi interpreti, tutti esordienti sul grande schermo e, quasi tutti, di matrice pugliese, mostrano una profonda maturità nell’approcciarsi al tema, senza appesantirlo o banalizzarlo. Il rapporto di amicizia è coinvolgente e veritiero. L’atmosfera quasi sempre vivace e molto realistica analizza la parte più genuina delle generazioni moderne. Particolare nota di merito va sicuramente al protagonista, il quale afferma la sua iniziale difficoltà nell’approccio col personaggio, dovuto soprattutto al dover recitare con le braccia legate dietro la schiena e, di conseguenza, con la paura di sacrificare qualcosa nella naturalezza della perfomance – paura successivamente superata nel concentrarsi non sulla disabilità del personaggio, ma sul suo bisogno di vita e di vivere.
Guendalina Zampagni racconta una storia come tante, ma la racconta in un modo unico e assolutamente speciale. Non vuole essere moralista, non vuole lasciare nessun messaggio. Il suo Francesco non è un ragazzo che vuole suscitare pietà, ma un ragazzo come tanti, pieno di voglia di vivere, pronto a buttarsi nella vita nonostante la paura di scottarsi o di non farcela. Francesco è solo qualcuno che sta imparando a conoscere e affrontare la vita. E, alla fine della giostra, usciamo dalla sala con la consapevolezza addosso di essere tutti Francesco.