L’accogliente Museo Carlo Bilotti, all’interno di Villa Borghese, ci presenta Omar, Roma, Amor mostra monografica sull’estro, la pittura e i disegni di Omar Galliani.
La prima opera che incontriamo è Breve Storia del Tempo (1999), un trittico che dispiega, nell’istantaneità dell’umana visione oculare, una temporalità stratificata e intrecciata attraverso esperienze di vita quotidiana. A sinistra abbiamo una ragazza coricata, ancora vestita, su un tavolo e una sedia, quasi fosse appena tornata a casa dopo una serata passata tra i fumi dell’alcool. La verticalità di questa scena, assolutamente orizzontale nella nostra comune percezione, dona un senso straniante e sembra avvalorare la nostra tesi. Al tempo del sonno si contrappone il millesimo di secondo in cui il raggio X attraversa il nostro corpo e svela la nostra struttura scheletrica. Al centro della seconda tavola troviamo, infatti, il disegno di quella che sembra essere la lastra di un cranio, al centro forato. Infine, sulla nostra destra, sempre in verticale, scopriamo l’immagine di una pianta stagliata sulle pagine di un libro, quasi con l’intenzione di ricordarci la mobilità del tempo della lettura, sempre differente a seconda dello specifico lettore.
Voltando lo sguardo ci troviamo di fronte alla gigantesca opera che Galliani ha disegnato per la mostra e in cui la chiralità gioca un ruolo decisivo. In Omar, Roma, Amor (2012) gli unici elementi non speculari sono un fiore, una spada e un teschio. Un paesaggio campagnolo, con in lontananza un anfiteatro romano, si staglia sotto un cielo stellato oramai quasi impossibile da osservare nella capitale anestetizzata dalla luce elettrica. E’ il ricordo di una Roma passata, di una città costruitasi sulla sacralità della leggenda della Lupa. La carnalità dell’istante in cui la Lupa capitolina allatta Romolo e Remo è tatuata sulla spalla, destra o sinistra che sia, di quella ragazza che, posta in primo piano, non ci rivolge lo sguardo, poiché anch’essa abbagliata da questo primitivo e straordinario spettacolo.
La principessa Liu-Ji nel suo quindicesimo anno di età (2008) appare come un trittico in cui fluttuano, con una legge di gravitazione a sé stante, da un lato una serie di oggetti consumistici -tra cui molte scarpe-, dall’altro meravigliosi fiori ispiranti uno sguardo puramente contemplativo. Forse entrambe le tavole sono simbolo della Cina di oggi, a cui il nome della principessa fa esplicito riferimento. Nella tavola centrale, il corpo adolescenziale di una ragazza nuda, a gambe divaricate, è colto in un momento di rilassatezza puberale di cui ci sentiamo quasi spettatori voyeuristici. Proprio tra le gambe della ragazza, ancella della contemplazione, notiamo la presenza di un teschio che volge, senza alcun tentennamento, il suo sguardo verso sinistra, verso il lato consumistico. La mancata visione del corpo della ragazza da parte del cranio umano sembra assumere i connotati di un rifiuto forzato: l’atto erotico è ben delineato nella testa e tuttavia rifiutato da quella mente che soltanto a primo impatto appare non voyeuristica. Contemplazione e consumismo si fondono così nel gioco degli sguardi e nella strategia della visione.
Le opere di Galliani sono anacronismi e riformulazioni del tempo antico nella contemporaneità; disegnate con grafite su tavole di pioppo, svelano, attraverso questi materiali terrestri millenari, una metafisica della bellezza seducente, ultimo velo da squarciare di quel fondo orribile da cui ha origine vita. Grafite e pioppo sono elementi di una genealogia geologica che riporta giustamente in auge la capacità rappresentazionale del disegno, di cui Omar, Roma, Amor è perfetta esemplificatrice nel suo essere pagamento di quella mora -continuando l’anagramma-, di quel debito artistico che Galliani aveva contratto nei confronti della Città Eterna e che ha, con questa mostra, mirabilmente restituito.
OMAR, ROMA, AMOR
opere di Omar Galliani,
17 marzo – 6 maggio 2012, Museo Carlo Bilotti,
curatore Gabriele Simongini.
foto Omar Galliani, Omar, Roma, Amor, matita su tavola, 300×400, 2012. © Luca Trascinelli 2012.
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