Artista: Georgina Spengler
Titolo: Buone notizie
a cura di Daina Maja Titonel
testo critico di Roberto GramicciaLuogo: MAC Maya Arte Contemporanea, Via di Monserrato 30
fino al 9 maggio
L’offerta che quasi giornalmente viene proposta dalle gallerie nella capitale, ci presenta un ventaglio di artisti che mostrano una variegata visione del mondo che lo spettatore trasformerà secondo la propria sensibilità. Alcuni di questi artisti troveranno un contatto con il pubblico, altri no; alcuni lasceranno un segno, qualcuno riuscirà meglio di altri a condividere la propria rappresentazione del mondo con lo spettatore, anche casuale, che vedrà le sue opere. Tutti questi artisti sperano, però, di raggiungere almeno un obiettivo: attrarre l’attenzione di una persona e fare in modo che scaturisca un’emozione, un pensiero.
L’esposizione delle opere di Georgina Spengler, con i suoi quindici dipinti inediti, centra sicuramente questo obiettivo: il primo sguardo ai lavori esposti rivela una serie di colori tenui, diffusi sulla tela, che apparentemente sfumano l’uno nell’altro senza alcun particolare significato, ma subito l’occhio compone questi colori in un disegno compiuto che rivela un soggetto riconoscibile: particolari del corpo umano che si mostrano attraverso la pelle. La muscolatura che traspare da un busto maschile, un braccio premuto contro il costato, oppure altri particolari meno riconoscibili anatomicamente ma che pure descrivono la loro natura. Le parole introduttive di Roberto Gramiccia alla mostra si soffermano sul significato di questi soggetti: « La superficie dell’epidermide che è divenuta l’oggetto della sua ricerca è, infatti, insieme una realtà pellicolare e l’osservatorio attraverso il quale affacciarsi sul profondo. Anche in medicina è così: lo stato di idratazione, il colore, il percorso tortuoso dei vasi, le eventuali lesioni, (…) forniscono la mappatura dello stato del soma e della psiche ». La pelle è quindi confine tra una realtà esterna ed una realtà interna che non viene completamente celata ma traspare attraverso segni riconoscibili. D’altronde guardare da ciò che appare all’esterno quello che c’è in profondità è un motivo che l’arte ha sempre rappresentato attraverso le sue molteplici forme. Nel caso di Georgina Spengler l’esigenza di affrontare questo tema del soggetto umano viene risolta attraverso la sua esperienza di pittrice di paesaggi. La superficie del corpo umano si tramuta così in un paesaggio indefinito in cui anche il supporto scelto per dipingere la singola opera ha la sua importanza: le tele esposte, alcune di oltre un metro per lato alternate ad altre di dimensioni più ridotte, sono dipinti ad olio sia su tela che su lino e la differenza si nota. Ad una pittura molto più compatta, risultato di diverse stesure successive di colore sulle tele di cotone, si contrappone una stesura più ‘leggera’ dove il supporto è rappresentato dal lino, in cui le imperfezioni di quest’ultimo contribuiscono alla resa del colore e dell’immagine, la trama del tessuto è parte del disegno dell’opera.
Georgina Spengler, nata ad Atene nel 1959 si trasferisce giovanissima con la famiglia negli Stati Uniti e successivamente in Olanda. Qui inizia il suo primo approccio all’arte; frequenta a Parigi l’Ecole des Beaux Art, di nuovo negli Stati Uniti studia alla School of Fine Arts della Boston University e completa gli studi accademici alla Corcotan School of Art a Washington. Dal 1982 vive a Roma dove a iniziato ad esporre con continuità sia in Italia che all’estero.