di Fabio Pisano
regia Gina Merulla
con Alessandro Catalucci, Fabrizio Facchini, Francesco Meloni e Carlotta Sfolgori
produzione Teatro Hamlet20 gennaio 2018, Fonderia delle Arti, Roma
La Fonderia delle Arti ospita Gang Bang – Cassie Wright: la regina del Porno, per la regia di Gina Merulla, tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk riadattato dalla mano di Fabio Pisano.
La celebre attrice Cassie Wright si avvia alla fine della carriera e il suo tanto agognato “canto del cigno” consisterà nel girare un ultimo film in cui si accinge a condurre un’impresa epica: battere il record mondiale di Gang Bang con 600 uomini. Il testo riadattato fa entrare lo spettatore nello squallido ambiente in cui si snoda la vicenda, uno scantinato squallido dove si accalcano uomini nudi in attesa di attuare una performance sessuale di un minuto capace di farli entrare nella storia. Tutti gli uomini presenti in sala hanno il loro numeretto – compresi gli spettatori -, ma sono tre gli uomini – Alessandro Catalucci, Fabrizio Facchini, Francesco Meloni – che sul palcoscenico alternano parole, ricordi, motivazioni che li hanno spinti a prodigarsi nell’impresa. Dalla porta che li separa dalla regina del Porno entra ed esce la sua valentissima assistente Sheila – Carlotta Sfolgori -, pungente e pragmatica, che richiama all’osservazione rigorosa delle regole per permettere uno svolgimento delle riprese senza intoppi. I quattro, alternando momenti più solistici a situazioni corali, si raccontano e raccontano la figura mitologica della Wright, per tutti considerata una luce e una risoluzione.
Se da un lato il testo regala molti spunti sia per il lavoro attoriale che per le elucubrazioni dello spettatore che assiste, la regia non segue il passo dinamico delle parole, rallentandone spesso lo scorrimento. Alcune scene che sarebbero propedeutiche alla creazione dell’atmosfera del luogo in cui si trovano queste quattro anime, ad esempio quelle che delegano al movimento dei corpi su musica il racconto, risultano scollate allo scopo, mancando inoltre di originalità: questa mancanza non offre nulla di nuovo rispetto alla lettura del romanzo, ma anzi carica ulteriormente il testo del peso di sostenere il lavoro intero, cosa che infatti porta ad un finale repentino e poco concreto.
Un plauso va al lavoro di Francesco Meloni, che con una fisicità fragile dà voce al tormento squallido di un ragazzo.
In conclusione è giusto augurare allo spettacolo, già in seconda rappresentazione dopo il debutto al Teatro Hamlet, una crescita e una maggiore focalizzazione sul prodotto registico.