Giovani ribelli – Kill your darlings

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Giovani ribelli – Kill your darlings è la nuova perla del cinema indipendente americano. Il regista John Krokidas, alla sua opera prima, ha avuto la fortuna di incontrare l’appoggio della produttrice Christine Vachon, e l’interesse di un cast giovane e invidiabile: Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Jack Huston e Ben Foster sono i protagonisti della tragica vicenda accaduta nel 1944 a dei giovanissimi poeti, molto tempo prima che divenissero delle icone.

Giovani ribelli – Kill your darlings, di John Krokidas / Stati Uniti 2013, 104′

Sceneggiatura: John Krokidas, Austin Bunn

Produzione: Benaroya Pictures

Prodotto da: Michael Benaroya, Christine Vachon, Rose Ganguzza e John Krokidas

Direttore della fotografia: Reed Morano

Scenografie: Stephen Carter

Montaggio: Brian Kates

Musiche: Nico Muhly

Distribuito da: Notorious Pictures

Con: Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Michael C. Hall, Ben Foster, Jack Huston, David Cross, Elizabeth Olsen, Jennifer Jason Leigh

 

«And the hippos were boiled in their tanks / 1945 / by William Lee and John Kerouac» è quanto si legge sulla copertina del manoscritto di William S. Burroughs e Jack Kerouac – la versione italiana, edita da Adelphi, porta il titolo E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche –. Il libro, rifiutato nel 1945 dall’editore Simon & Schuster, è stato pubblicato solo nel 2008, dopo la morte del signor Lucien Carr, del quale si sa poco e niente. Sarà illuminante sapere che la versione originale del più celebre componimento di Allen Ginsberg, L’urlo, era dedicata proprio a questa figura ambigua e fuggevole, che si impegnò con rigore affinché il suo nome venisse rimosso da tutte le edizioni successive, e che ostacolò sistematicamente – e per tutta la vita – la pubblicazione della già citata opera delle altre due icone della Beat Generation.

Non è un caso, infatti, che dal 1944 in poi Lucien Carr abbia cercato di sottrarsi da ogni legame con l’imperitura memoria che vince di mille secoli il silenzio, e che ogni scrittore ricerca. Per comprendere un simile comportamento non possiamo che affidarci al giovane regista John Krokidas e alla sua squadra di attori eccezionali, per tornare indietro di quasi settant’anni.

Dunque: 1944, Columbia University; una matricola di nome Allen si trova a lasciare i genitori – il padre è un poeta accademico e la madre soffre di gravi problemi psichici – alla volta di una delle università più prestigiose degli Stati Uniti, per diventare un poeta a sua volta. Ben presto si fa notare dai professori per le sue letture anticonvenzionali, considerevolmente distanti dai classici proposti a lezione, ai quali preferisce Rimbaud e Whitman, e soprattutto da uno studente di poco più grande, l’affascinante Lucien. Insieme ai trentenni William e Jack decidono di fondare un nuovo movimento letterario, la Nuova Visione, che eluda tanto le regole della metrica quanto quelle di una società puritana e opprimente. L’obiettivo è raccontare la vita sfrenata, cruda e libertina, attraverso il verso o la prosa liberi.

Ma il 13 agosto di quell’anno di guerra, dolore e libertà, tutto muta irreparabilmente: Lucien uccide David Kammerer, con il quale aveva intrattenuto una relazione amorosa, poi trasformatasi in un torbido legame all’insegna dell’opportunismo più becero. Per non aver denunciato l’assassinio, i suoi amici William (Burroughs) e Jack (Kerouac) vengono arrestati – e circa un anno dopo scriveranno E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, un resoconto dell’accaduto, per rielaborare la vicenda attraverso toni visionari e surreali –; Lucien (Carr) chiede aiuto all’amico Allen (Ginsberg) per stendere una deposizione che lo scagioni grazie all’espediente del “delitto d’onore”, secondo il quale sarebbe lecito che un uomo uccida un omosessuale al fine di respingerne le avance, a patto che il colpevole dimostri la propria incontrovertibile eterosessualità. Ginsberg, dopo aver compreso l’impossibilità di Lucien di accettare e ammettere la sua natura omosessuale – che invece scherniva con gli aggettivi pederasta, invertito, finocchio –, decide di non tradire la verità né l’infatuazione dolce e sincera che aveva visto fiorire tra lui e l’omicida. Si rifiuta di aiutarlo a raccontare il falso, a costo di perdere irrimediabilmente il suo primo amore.

Al di là del legame con la storia realmente accaduta a quei giovani destinati a rivoluzionare la letteratura americana, il film presenta le vittime di una tragedia, che non sono individui sprovveduti dei mezzi che portano all’emancipazione, ma colti, istruiti, di larghe vedute e, come sottolinea il titolo italiano, giovani ribelli. Lucien Carr, nel 1944, ha superato il processo per omicidio con successo, mentendo e snaturando se stesso; tale forma mentis continua a vincere oggi ogni volta che un adolescente omosessuale tenta il suicidio a causa del terrore, ogni volta che un religioso parla di malattia o condotta peccaminosa, ogni volta che una famiglia respinge un figlio a causa dei suoi orientamenti sessuali e ogni volta che il marketing pubblicitario propone dei modelli convenzionalmente sani e socialmente accettabili, tacciando le differenze come un target contro-natura.

Il cast è ineccepibile: Ginsberg, probabilmente l’elemento più adatto a incarnare il ruolo centrale del film, è interpretato da un ottimo Daniel Radcliffe che sa conferire al personaggio la giusta dose di ingenuità, curiosità e spinta liberatoria. Il carismatico Lucien Carr è reso perfettamente dalla sensualità tutta cinematografica di Dane DeHaan, che richiama alla memoria le primissime interpretazioni di Di Caprio. Mirabile anche il lavoro di Ben Foster nei panni dell’impenetrabile Borroughs.

Grazie alla sapiente mano del direttore della fotografia Reed Morano, il regista ha saputo narrare la vicenda richiamando non solo lo stile del noir – genere di punta nel periodo in cui la storia è ambientata – ma anche la Nouvelle Vague francese, affine al discorso filmico soprattutto per il carattere irriverente dei protagonisti.

Con un ottimo team sia artistico che tecnico, un gruppo di produttori sapienti, e un budget quanto mai contenuto, Krokidas ha realizzato un piccolo capolavoro dalle grandi ispirazioni; «per me», rivela il regista, «al centro di questo film c’è l’ispirazione di sapere che si può fare qualcosa di importante con la propria vita, ma anche il dramma e il conflitto a cui bisogna sottoporsi per diventare se stessi».

 

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Redazione

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