La redazione di Pellicole di cartapesta, in collaborazione con la rivista indipendente di critica e informazione cinematografica Cinema Bendato, propone la recensione del film Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi. La recensione è di Greta Colli.
Alì ha gli occhi azzurri, di C. Giovannesi, Ita 2012, 100′
Uscita in sala il 15 novembre 2012
Sceneggiatura: C. Giovannesi, F. Gravino
Montaggio: G. Trepiccione
Fotografia: D. Ciprì
Musiche: C. Giovannesi, A. Moscianese
Distribuzione: Bim Distribuzione
Interpreti: N. Sarhan (Nader), S. Rabatti (Stefano), B. Apruzzesi (Brigitte), C. Sarhan (Padre di Nader), F. Mouhaseb (Madre di Nader).
Alì ha gli occhi azzurri è un film che va inserito nella categoria dei film-realtà. È sì una storia di finzione, ma rappresenta in pieno quelli che sono i canoni e le regole che prediligono il genere del docu-film: macchina a mano e suono in presa diretta.
Utilizzando come ambientazione il litorale di Ostia, Giovannesi porta sulla scena la storia di Nader, ragazzo egiziano nato in Italia che passa le sue giornate nella sterminata ricerca della propria identità. Nader fa parte della massa, dei giovani d’oggi nati e cresciuti in periferia, ma nonostante sia ormai parte integrante del marchingegno italiano, sente il peso della diversità non riconoscendosi fino in fondo in quelle che sono le usanze di un paese pur sempre diverso dal suo per religione e valori morali. Nader però si sente italiano o almeno così vuole far credere a se stesso e agli altri. Tenta affannosamente di sopravvivere all’adolescenza cercando di comportarsi come i suoi compagni, anche se questo vuol dire andare contro la propria famiglia. In fondo quello che vuole è vivere il più normale possibile i suoi sedici anni.
Italiano di nascita ma egiziano di origine, finirà per far scoppiare una vera e propria guerra d’identità con la sua famiglia, al fine di scrollarsi di dosso quelle regole islamiche che reputa deleterie e remissive per la libertà che lui vorrebbe poter vivere; quei diritti che spettano ad un qualsiasi giovane della sua età, di qualunque razza o religione esso sia.
Le sue lenti a contatto azzurre lo tengono al sicuro e in qualche modo lo mascherano da quella realtà da cui tenta di fuggire ma che, volente o nolente, gli appartiene e gli apparterrà per sempre. Quelle che sono le proprie origini, prima o poi fuoriescono e solo accettandole e rendendole proprie si potrà essere in grado di riconoscersi in una qualche identità. Fino ad allora ogni azione sarà compiuta nel completo anonimato di chi non sa trovare un volto guardandosi allo specchio.
Claudio Giovannesi con Alì ha gli occhi azzurri, suo secondo lungometraggio, riesce a rappresentare con maestria temi difficili da gestire, facendo sì che essi acquistino una leggerezza tale da incantare il pubblico. La profondità degli occhi di Nader è difficile da dimenticare.
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