Prosegue il vastissimo programma espositivo del MACRO che il 28 novembre ha inaugurato la mostra Giulio Paolini. Essere o non essere, un percorso monografico che per la prima volta si concentra su un tema ricorrente nella poetica di Paolini: l’interesse primario per l’autore e il suo rapporto con l’opera d’arte.
Artista: Giulio Paolini
Titolo: Essere o non essere
a cura di Bartolomeo Pietromarchi
fino al 9 marzo 2014
@ MACRO, Via Nizza 138, Roma
L’artista è colui che accoglie un’eco, la ascolta, e ne diviene l’interprete perenne; un autore assente, un creatore che accetta la propria vocazione diventandone spettatore. Una presenza/assenza che assume le vesti di un “oracolo” e che tenta di svelarsi in questi giorni nella sala bianca del MACRO di Roma, che attraverso 14 opere datate tra il 1987 e il 2013, ospita uno dei più significativi esponenti dell’arte concettuale italiana, Giulio Paolini.
Le composizioni di Paolini costituiscono le tracce di un cammino che rimanda alla nascita di un’opera d’arte, della quale l’autore non è un demiurgo bensì un intermediario che afferra la verità preesistente nell’opera e la rivela ai nostri occhi. Una rivelazione che si palesa nelle cinque stanze di “luce” che contengono i lavori, grandi spazi in cui lo spettatore entra in comunione con le opere stesse, guidato dalla presenza indiretta dell’artista, attende che il sipario si alzi e abbia inizio la rappresentazione. E’ proprio Paolini ad introdurre il percorso espositivo attraverso un enigmatico Delfo IV (1997), una finestra nella finestra che annuncia o nasconde l’autore:l’artefice immortalato in uno scatto fotografico diviene così testimonianza di una partecipazione tangibile che sta per compiersi.
L’opera dunque si manifesta nell’istante iniziale della sua creazione, e Big Bang (1997-98) come un’allegoria della creazione, sottolinea l’inesauribilità dell’artista che attraverso il suo piano di lavoro si lancia nel tentativo di avvistare l’inafferrabile immagine di un’opera d’arte. Una scacchiera di tele orientate al recto o al verso compongono Essere o non essere ( 1994-95) il lavoro che dà il titolo alla mostra, un punto di eterno ritorno, un incrocio di diagonali che dispiega due figure maschili intente l’una a disegnare e l’altra ad osservare ciò che sta prendendo forma. Una trama che rimane aperta, un simbolismo ciclico sul continuo divenire che intesse le pedine all’interno del cantiere mentale dell’artista proiettandole nei luoghi infiniti della scacchiera, dell’arte. Il contatto tra l’autore e l’opera si materializza ai nostri occhi mediante l’installazione Immacolata concezione. Senza titolo / Senza autore (2007-08) per poi proseguire in un funambolesco tentativo dell’artista di avvicinarsi a quella “incognita” che la sua mano insegue, all’interno di un labirinto di plexiglas in cui una sua controfigura si limita ad alzare il sipario sulla scena, Contemplator enim (1992). Poco oltre l’Ospite, opera del 1999, si erge al centro della stanza L’autore che credeva di esistere (sipario:buio in sala), l’opera inedita pensata appositamente per la mostra.
In una “camera ottica” di immagini in dissolvenza avviene la rievocazione di una sintesi, che “seppur illusoria “ si annuncia attraverso una matita che posta verticalmente su un tavolo diventa il perno della ricerca artistica dell’autore. La sedia rovesciata al suolo evoca la figura dell’artista, che rinuncia al ruolo “attivo” a favore di una “vocazione contemplativa” rendendo l’autore il primo spettatore di una creazione che si svolge tra gli intrecci geometrici di un passato destinato a compiersi in eterno.
L’esposizione curata da Bartolomeo Pietromarchi è prodotta con la Whitechapel Gallery di Londra, dove proseguirà in una versione ampliata nel luglio 2014.