drammaturgia da Eschilo
regia di Giuseppe Argirò
con Renato Campese, Silvia Siravo, Alberto Caramel, Cinzia Maccagano, Maurizio Palladino, Silvia Falabella, Veruska Menna.
aiuto regia Marta Scirello
grafica e video proiezioni Acvideomakers
4 dicembre 2016, Teatro Arcobaleno, Roma
Le conseguenze terribili di una guerra sono un bagaglio pesante da portare: una valigia fatta di orrori, speranze infrante, bugie e ricordi che non possono più essere cancellati. L’Orestea nella rilettura di Giuseppa Argirò, cerca di trasmettere al pubblico l’inesorabile devastazione e solitudine di un uomo, di una famiglia, la cui armonia è distrutta per sempre. Tornare alla vita normale di tutti giorni è pressoché impossibile, la guerra non si svolge più sul campo di battigia, ma nella propria casa, e come un fantasma perseguita le sue vecchie e nuove vittime.
L’ambientazione proposta dalla regia vuole trasportarci in un piccolo mondo aristocratico d’inizio novecento, freddo e crudele, in una famiglia dove scorrono odio e rancore. Così quando Agamennone torna in patria dopo la guerra di Troia, è costretto ad affrontarne una seconda sanguinosa contro la propria moglie Clitennestra, una guerra che è destinato a perdere. Nonostante il riadattamento non sia del tutto convincente, lasciando alcuni personaggi della tragedia sfocati e poco caratterizzati e non permettendo così allo spettatore di conoscerne la pasta, esaltandone invece altri, l’opera è nel complesso molto coinvolgente. Inoltre un buon uso della scenografia e delle luci – prevalentemente composte da colori primari che dipingono l’atmosfera – cattura l’attenzione.
Il finale risulta essere la parte più debole di questo riadattamento: il tema finale che vede la giustizia come il solo strumento nelle mani dell’uomo che possa contrastare le vendette e le tradizioni sanguinose del mondo antico, perde d’intensità e non trasmette a pieno la sua forte carica drammatica. D’altra parte il regista cerca di evidenziare il contrasto netto tra il Patriarcato rappresentato da Agamennone, e il Matriarcato simboleggiato da Clitennestra, scontro costante che è la base e il fondamento della nostra società occidentale. Gli attori hanno saputo ben interpretare questi ruoli, non risparmiandosi, dando ai personaggi un grande risalto drammatico e di forte pathos, trasmettendolo a sua volta al pubblico – nonostante siano state presenti interpretazioni deboli o poco caratterizzanti.
Sicuramente questa Orestea riletta da Argirò è uno spettacolo che merita di attenzione e che può essere apprezzato poiché come tutte le tragedie greche, possiede una grande attualità e forza magnetica. Eschilo ci ricorda che nelle tragedie non esistono mai vincitori, ma solo uomini deboli, schiavi della propria fugace umanità: la famiglia non è altro che un orto in cui si raccolgono i frutti d’amore e dolore che vi sono stati seminati.