Giuseppe Bertolucci: Karenina. Prove aperte d'infelicità

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Al Teatro Vascello dal 5 al 6 febbraio è andata in scena Karenina. Prove aperte d’infelicità, l’ultima collaborazione tra il regista e sceneggiatore Giuseppe Bertolucci e l’affermata attrice de L’amore probabilmente, Sonia Bergamasco, che attualmente con  Emanuele Trevi e il Teatro Franco Parenti mettono in scena i quaderni di lavoro di Lev Tolstoj.

Karenina. Prove aperte d’infelicità

con: Sonia Bergamasco

regia: Giuseppe Bertolucci

disegno luci: Cesare Accetta

5 e 6 febbraio – Teatro Vascello, Roma

Vai al sito di Sonia Bergamasco

In Karenina, Sonia Bergamasco si destreggia in un monologo polifonico in cui si succedono, intorno ad un pianoforte a coda, la voce testimone e complice di Sofia Tolstoj, quella rauca e scoraggiata di Lev alla ricerca di un’altra voce adeguata, corrispondente ad un’immagine, un gomito nudo di donna aristocratica. Ciò che si racconta in questo modo è l’intuizione di una sventura in cui l’adulterio e il suicidio sono ancora intrecciati in maniera confusa e il volto di quel gomito nudo è mescolato al gioco di rappresentazioni delle feste dell’alta società russa. Si mostra come Lev Tolstoj abbia fatto e disfatto il suo personaggio a partire dall’apparizione di una coppia di coniugi ad una festa.

Gli altri invitati sono riuniti in capannelli in cui si esercita con gran cura l’arte della maldicenza. E tutti i loro occhi si rivolgono ad una donna, che dapprima sarà Ana’, vestita di giallo e di pizzo come una vespa, una donna eccessiva e seducente, il cui sguardo largo abbraccia tutta la sala alla ricerca di un uomo, il suo amante. Suo marito, accanto a lei è l’esemplare della mediocrità. Situazione non nuova, che certo non può creare scalpore, se non quando i due, seduti ad un tavolino, parlando fitto fitto rivelano un trasporto, un dire così appassionato, un balenio di luce negli occhi che tradisce le regole del cinismo sociale. Questa variante non convince Lev Tolstoj e sua moglie si affligge per lui. Ma a dare corpo all’intuizione viene Puškin, con i suoi Racconti di Belkin, e la figura di Ana’ e suo marito cambia: diventerà Anna, una donna non troppo bella. L’eccesso adesso non è nei modi, ma nelle sue forme e in quelle grottesche di suo marito. Sarà lei Anna Karenina, attraversata da una passione nella carne e sotto la pelle che la agita, le spezza il fiato, la muove in un’estasi disperata e folle, tanto più il suo amore è respinto e rifiutato. Sulla scena l’oggetto del desiderio di Anna è un’assenza, viene detto e invocato come un vuoto ineliminabile che trova nella morte la sua destinazione necessaria.

La regia di Giuseppe Bertolucci impone all’azione un andamento ciclico, segnato dai giri che l’attrice compie attorno al pianoforte, come un tango solitario, spezzati da gesti che sono cesure tra le scene e insieme restituiscono un simbolo della scena appena trascorsa. Il pianoforte viene suonato in modo struggente, percosso, accarezzato, diventa palco dei contorcimenti interiori del personaggio, della sua passione frustrata e infine tomba della sua morte. Le luci bianche e forti esaltano la pelle chiara di Sonia Bergamasco, un’Anna Karenina vestita di velluto nero che ricorda la Tanguedia, l’esilio di Gardel, anche per la presenza in scena, oltre che del pianoforte di due sedie nere ai due estremi del palco.

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Redazione

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