Les infidèles (2012)
Durata 109′
Regia Jean Dujardin & Gilles Lellouche, Emmanuelle Bercot, Fred Cavayè, Alexandre Courtès, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau
Sceneggiatura Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Stephane Joly, Philippe Caveriviere & Nicolas Bedos
Idea Originale Jean Dujardin
Montaggio Julien Leloup, Anny Danche, Benjamin Weil, Michel Hazanavicius
Fotografia Guillaume Schiffman
Musiche Evgueni & Sacha Galperine
Produttori JD Prod, Jean Dujardin, Black Dynamite Films, Guillaume Lacroix, Eric Hannezo
Interpreti Jean Dujardin, Gilles Lelouche, Guillaume Canet, Sandrine Kiberlain, Alexandra Lamy, Isabelle Nanty, Mahilda May, Gèraldine Nakache, Aina Clotet, Lionel Abelanski, Manu Payet, Clara Ponsot.
« Ci dicono spesso che siamo bankable, che garantiamo il successo, che almeno questo serva a riuscire a realizzare un film! Se non fossimo quello che siamo nel nostro mestiere, probabilmente sarebbe stato tutto molto più complicato. Che gioia poter far parte di un progetto dall’inizio alla fine, assumendoci la responsabilità di ogni aspetto, del nostro buon gusto come del nostro cattivo gusto! ». Jean Dujardin ha ragione: Gli infedeli è un film di squadra, quasi di banda.
Jean Dujardin e Gilles Lelouche appartengono alla stessa generazione, condividono gli stessi gusti e nutrono stima e rispetto reciproci; Jean aveva voglia di proporre un progetto che trattasse situazioni divertenti, un po’ irriverenti, affrontando il tema dell’infedeltà maschile con quella crudeltà tipica della commedia all’italiana anni ’60-’70. Ed ecco: il film è fatto. Gli infedeli è un patchwork di episodi che porta sullo schermo punti di vista diversissimi: i personaggi non si somigliano, né per età né per estrazione sociale; i toni vanno dall’umorismo grottesco alla riflessione più approfondita e l’interpretazione passa velocemente da un’analisi caricaturale a una più sincera. I due protagonisti, che si trasformano da un episodio all’altro – reinventandosi psicologicamente e fisicamente, hanno radunato intorno al progetto un esercito di artisti e professionisti che risplendono come garanzia di qualità.
Il film si apre con un Prologo – diretto da Fred Cavayè – che verrà poi richiamato nel finale con l’episodio Las Vegas – diretto dalla coppia Dujardin-Lelouche: questo basta a dare una sensazione di continuità all’interno dei vari segmenti. Gli episodi La coscienza sporca, La domanda e Lolita – diretti rispettivamente da Michel Hazanavicius, Emmanuelle Bercot e Eric Lartigau – ci restituiscono un’analisi più credibile e realista, perciò più amara e disarmante; mentre le pillole Bernard, Thibault, Simon e l’episodio Gli infedeli anonimi – diretti dal regista di videoclip Alexandre Courtès, che ha lavorato anche con i Daft Punk, gli Air e i White Sripes – costituiscono momenti di rottura, veri e propri sketch che sfiorano il grottesco e divertono proprio perché catapultano lo spettatore in un universo visivo esilarante. I diversi registi non si confondono, non si amalgamano: ognuno mantiene il suo stile pur partecipando al sentire comune; passiamo così da note leggere e spensierate a toni più cupi.
Il cast artistico è ineccepibile: attori creativi e competenti, dotati di grande esperienza e inclinazione al gioco, al trasformismo, alla proposta. Non a caso l’attenzione dei vari registi si è concentrata sul materiale umano, più che sulla messinscena. Dujardin e Lelouche – protagonisti di quasi tutti gli episodi – possiedono ottima tecnica e profonda intelligenza: se singolarmente funzionano – il primo ha portato a casa l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per il film The artist di Michel Hazanavicius – insieme conquistano. Tra gli altri spiccano Guillaume Canet, Alexandra Lamy – moglie di Dujardin sullo schermo e nella vita – e Manu Payet, già apprezzato in Midnight in Paris di Woody Allen.
Certamente il ritratto che il film dipinge dell’universo maschile è raccapricciante: il film si salva, come afferma Fred Cavayè, «perché gli infedeli sono degli uomini che vengono derisi»; e se nell’arco dell’intera rappresentazione l’amore è screditato, umiliato, svalutato, nel finale – in un modo o nell’altro – sembra proprio che riesca a vincere.