GROZNYJ, UN FANTASMA AGLI OCCHI DEL MONDO

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CECENIA. UNA TRAGEDIA INFINITA

Ospiti:

Amedeo Ricucci, storico e reporter

Aslan Dudaev, studente e nipote di Džokhar Dudaev

Marco Calvani, autore e regista

Fiammetta Cucurnia, giornalista de La Repubblica

 

9 maggio 2012, ore 18.00 – Teatro Vascello

 

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Penelope in Groznyj non è l’unico pregevole lavoro del talentuoso regista Marco Calvani. Oltre alla sua già discreta carriera teatrale, nonostante la giovane età, quello che maggiormente colpisce di lui è la sua volontà di andare oltre, di indagare, di approfondire. Infatti, a supporto del suo spettacolo sul conflitto russo-ceceno, a limite del documentario per crudezza dei fatti narrati, valorizzato dalla partecipazione di attori ben capaci di dar corpo alla sua sensibilità, l’autore ha preso attivamente parte alla conferenza Cecenia. Una tragedia infinita.

Teatro e storia, in questa occasione, lavorano a braccetto e si annulla totalmente la dicotomia finzione/realtà. L’intervento di persone specializzate rende l’incontro vivo e dinamico. Superata la delusione legata all’assenza di Vera Politkovskaja, figlia della celeberrima Anna, rimaniamo impassibili in ascolto dei racconti degli ospiti.

Marco Calvani presenta il suo lavoro, spiegando come abbia unito una passione giovanile per la figura di Penelope con un argomento meno mitico, quello del conflitto russo-ceceno, al quale si è avvicinato grazie ai testi di Anna Politkovskaja. Di questo spinoso argomento, infatti, si è letto poco sui giornali; non si è ascoltato quasi nulla dai notiziari. Su questo orrore è scesa una misteriosa cappa di silenzio. Nessun interesse politico-economico ha permesso di mettere subito i sigilli a questa tragedia. Questioni interne alla Russia. Se la sbrigassero tra di loro.

Fiammetta Cucurnia, giornalista de La Repubblica, appassiona il pubblico con il resoconto della sua esperienza in terra caucasica nel 1994. Fiammetta, assistendo allo spettacolo Penelope in Groznyj, confessa di aver rivissuto alcune odiose sensazioni che le si sono stampate nell’anima, prima fra tutte lo sdegno di fronte allo sfacciato sopruso del potente sul più debole. La giornalista sottolinea che tra la prima e la seconda guerra cecena c’è stata una gran bella differenza: il deterioramento progressivo della morale russa, una sorta di elemento spartiacque tra Eltsin e Putin. Il suo racconto passa per i ricordi del mercato di Groznyj, pieno di cianfrusaglie colorate e avvolto da una miscela di odori, a volte anche nauseabondi; di bambini spensierati, assorbiti da giochi semplici e improvvisati; di tante persone frettolose, prese dalla loro quotidianità. Tutta questa vita scompare in un sol giorno, travolta dalle granate. Tuttavia, seppur l’un contro l’altro armati, Russi e Ceceni erano ancora fratelli. Con gli anni viene disgregandosi il concetto di etica: non c’è più onore né umanità. Nel secondo conflitto si precipita nell’abisso. Kadyrov, generale cinico e assettato di violenza, assolda un esercito di bravi, di mercenari sadici. Le sole regole vigenti sono l’avido arricchimento e l’abuso di potere, sotto ogni specie.

Aslan Dudaev, nipote del primo Presidente ceceno, non può cancellare quelle terribili memorie: i bombardamenti, il pianto dei suoi familiari, la rabbia mista a paura, gli incubi, la sensazione di abbandono da parte di tutta l’opinione pubblica internazionale. Ancora oggi mostra le cicatrici di questo dramma, benché abbia avuto l’opportunità di trasferirsi in Italia per studiare, al contrario di tanti connazionali morti sotto la mannaia di Kadyrov.

Come ricorda Amedeo Ricucci, storico e reporter della RAI, solo Anna Politkovskaja ha avuto il coraggio e la pazienza di accogliere chiunque volesse denunciare questo scempio, facendosi portavoce di un intero popolo, assumendo su di sé tutta la sofferenza di quella gente. Ricucci ha realizzato un documentario sul secondo conflitto russo-ceceno e su Anna, dopo il suo assassinio. Catapultato nei campi profughi dell’Inguscezia, dietro a fango, miseria, freddo, scopre l’invidiabile dignità di un popolo caparbio e tenacemente ancorato alla vita, nonostante l’imbarbarimento di una guerra perpetrata al limite del sopportabile, in una terra che è ancora una polveriera.

Sono infiniti i ricordi degli intervenuti, tante le argute e profonde considerazioni di chi sa di cosa parla, perché ha sviluppato, con l’esperienza, una sensibilità fuori dal comune.

Anche il pubblico interviene e, in ogni domanda, nasconde l’incapacità di spiegare tanto orrore.

Se cercate altri spunti di riflessione, Penelope in Groznyj vi aspetta ancora a teatro.

 

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Webmaster - Redattore Cinema

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