Reportage fotografico di Emanuela Laurenti
Festival Chorde – Suoni tra Cielo e Terra
Progetti rari, unici a volte, che raccontano di una sperimentazione musicale elettronica che di altissima qualità e originalità artistica. E’ il turno di Hauschka, compositore di colonne sonore, della levatura di Satie, Cage e Reich e compagno di giochi musicali di Calexico, Mùm e Ricardo Villalobos.
Dove: Chiesa Metodista di Roma
Quando: 30 Gennaio 2014
Guarda: Hauschka
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Il tedesco Hauschka (Volker Bertelmann) ha collegato un mixer al suo pianoforte e lo ha preparato con oggetti giocattolo, alcuni a diretto contatto con le corde (bacchette di legno, collanine di stagno, un foglio di alluminio, un nastro isolante, una scatola e una paperella di plastica a carica manuale), altri che inserisce durante l’esecuzione dei brani. Gli oggetti diventano produttori di suono e insieme agli effetti del mixer, restituiscono all’ascolto un soundscape dissonante e cinematico dal gusto materico. La regia video rimanda sul grande schermo alle spalle del compositore, il dettaglio delle dita che scorrono sui tasti e del gioco degli oggetti all’interno del piano. La matrice di suono è un loop di accordi progressivi con variazioni ritmiche e melodiche, un ininterrotto piano sequenza strumentale che la regia del suono, da Hauschka stesso gestita, riverbera esaltando la natura folk di alcuni passaggi, colorando di leggero noise l’ambiente raccolto attorno a lui e (suona strano a scriverlo) timbrando qua là un rock di chitarra, basso e batteria.
La seconda parte irrompe nella psichedelia dream jazz pop (che non esiste, se la inventa Hauschka) e si beve tutti i suoni del mondo. Alle lezioni di piano ti dicono che il pianoforte è lo strumento più completo perché ha tutte le note ma non basta a descrivere l’impressione ricevuta: chiudendo gli occhi, quello che ascolti è un’orchestra composta da molte tastiere e sintetizzatori che moltiplicano all’infinito la stratificazione pianistica. Ti rilassi e godi di questi panorami tristi ma pieni di colori maestosi, vivaci, lenti. Un artigiano del suono classic tronico. Poi toglie tutto gettando via ogni oggetto suonato, suonando anche la caduta a terra (e qualcuno dagli spalti: “mo’ butta pure il piano”). No, il piano resta ed è un primo finale, solo, al piano. Poi scotchia tutte le corde col nastro adesivo strozzando all’origine una composizione ritmata e rapida quanto un trenino a vapore e chiude acclamato, ignorando gli oggetti buttati in un angolo ma rovesciando da una busta tante palline da ping pong che, felici, danzano saltando di gioia sulle corde. Pure se la musica è drammatica.
Dice il poeta: A sapello che potevo fa’ la caciara col pianoforte, avrei continuato a studiallo
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