Hit the road, nonna

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Il 13 dicembre, presso la Casa del Cinema di Roma, si è tenuta la proiezione di Hit the road nonna, documentario dallo sguardo disincantato e puro realizzato da Duccio Chiarini sulla nonna Delia Ubaldi, una delle prime imprenditrici del mondo italiano della moda.

Hit the road, nonna, di Duccio Chiarini, Italia, 2011, 64′, documentario.

Soggetto: Duccio Chiarini

Sceneggiatura: Duccio Chiarini, Ottavia Madeddu

Fotografia: Carlo Rinaldi

Suono: Daniele Scaringella, Davide Favargiotti

Montaggio: Chiara Griziotti, Davide Vizzini

Musica: Alberto Becucci

Cast: Duccio Chiarini, Delia Ubaldi, Alberto Chiarini, Gioietta Di Prete, Klaus Voit

Produzione e distribuzione: Tommaso Arrighi, Mood Film

Un’anziana donna, che prepara da mangiare, si riposa, si muove tra le mura della sua casa chiacchierando col nipote. Chi si aspetterebbe di vedere in una figura provata dagli anni e dipinta nelle sue abitudini quotidiane Delia Ubaldi, una delle prime donne del prêt-à-porter europeo, una pioniera del suo settore? A ricostruire la sua storia è il nipote Duccio Chiarini, che parte verso il paesino della Germania in cui sua nonna viveva con l’ultimo marito tedesco in cerca di risposte su quella figura sfuggente, costantemente in partenza, mai del tutto ferma e felice accanto alla sua famiglia. Delia Ubaldi è stata una donna caparbia, passionale e problematica, in continuo conflitto tra vita pubblica e privata, tra l’ambizione personale e i suoi doveri di madre. Emerge spesso il senso di mancanza avvertito dal figlio Alberto, il padre di Duccio – che, insieme alla madre del regista, ha attivamente partecipato al documentario – così come emerge il profondo senso di colpa radicato nell’anima di Delia, probabilmente mai del tutto ammesso.

Nata da una famiglia di emigranti italiani e trasferitasi ancora neonata in Lorena, non si è mai sentita italiana, ma francese di educazione e di cultura. Usò il suo bagaglio di esperienze e la sua padronanza della lingua italiana, francese e tedesca, per muovere i primi passi nel mondo del lavoro e dell’autoaffermazione di sé: Delia non voleva essere una donna tra tante e non voleva vivere il destino riservato alla maggior parte di esse. In lei era forte la volontà di emergere e di far carriera, di diventare qualcuno in modo da non essere mai considerata solo una figlia di emigranti mangiamacaroni e di operai. Ciò che l’ha contraddistinta è stata l’insaziabile smania di vivere, di viaggiare con i piedi scalzi sempre poggiati sul cruscotto della macchina, di avere di fronte a sé quegli spazi di cui parla ripetutamente: spazi geografici, ma soprattutto mentali. A quasi novant’anni queste voglie erano ancora intatte.

Il ritratto che viene fuori è asciutto e sincero, di una donna molto in anticipo sui tempi – fu una delle prime a godere della legge sul divorzio in Italia – che sperimentò prima di altri il problema della conciliazione tra carriera e famiglia. È una narrazione intrigante ed estremamente godibile per la profondità mai pesante perchè mediata da una certa leggerezza e da un tipo di humor tutto toscano, dove la tentazione del racconto didascalico e della morale finale è assente.

La tensione emotiva si fa più evidente quando ci si avvicina alla fine della visione, davanti all’ammissione sincera di Delia, di una schiettezza ai limiti delle convenzioni sociali:«Ho paura della morte».

Il lavoro di Chiarini, pluripremiato in diversi festival, spazia dal road movie alla saga familiare di sapore amatoriale – pur senza incorrere nel rischio del filmino di famiglia –, con passaggi che in alcuni casi diventano specchio dei cambiamenti di costume della società europea occidentale del Novecento, come testimonia la mole di materiali di repertorio sulla storia italiana che si alternano alla narrazione documentaria tout court. Chiarini apre gli armadi della sua casa senza paura di mostrare gli scheletri al loro interno, e dipinge la storia della donna e della nonna senza sconti, permettendo alle fragilità di entrambe di emergere con chiarezza e onestà.

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