coreografia di e con Sara Simeoni
costumi e scene Fucina creativa
musiche A Silver mt Zion, Cyclobe
luci Danila Blasi
produzione Sara Simeoni
residenza coreografica Dimora Coreografica Torinese – Torino
Foto Simone Vittonetto
20 maggio 2012 – Angelo Mai, Roma
Sara Simeoni – diplomata all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e fondatrice dal 2007 della compagnia Senza Piombo – presenta uno spettacolo ibridato, in cui la danza sfuma nella performance in senso ampio e l’esecuzione tecnica lascia il posto, fin quasi a sparire, alla gestualità teatrale; gesti incisivi, calibrati, mai monocordi, che costruiscono la narrazione scenica eppure delegano ampiamente la tensione espressiva al volto – antico e dolente – di Sara.
Ulisse non viaggiava, voleva solo tornare a casa, recita un citatissimo aforisma di Ulrich Fülleborn.
Holy skin e lazy bastard narra nello spazio breve di trenta minuti un lento ritorno a casa – la casa che respira. Lentezza e respiro: entrambi irrompono sulla scena sin dai primi movimenti della danzatrice, che indaga con un linguaggio coreografico essenziale ed intenso il legame complesso con il proprio luogo d’origine. Concetto astratto che, sulla scena, è tradotto in materia: la terra natia diviene l’elemento-terra, la terra presente nella scenografia, la polvere in cui Sara Simeoni si dimena e si sporca. Qui, china su pochi metri di terra, la danzatrice dà corpo alle varie, possibili declinazioni di questo rapporto ancestrale: a tratti di tensione – evocati con movimenti convulsi e sincopati – si alternano momenti di distensione, in cui i gesti si fanno più lievi e comunicano un senso di riappacificazione con la stessa terra con cui lottava. La sequenza è interrotta da interludi di solo respiro, in cui il corpo immobile e lo sguardo fisso sono spezzati soltanto dalle contrazioni esasperate del ventre.
Nella seconda parte della coreografia il motivo del ritorno si lega a doppio filo al tema del viaggio. Ancora una volta, esso è volutamente dilatato nel tempo. Le sue progressive tappe sono visivamente evocate da una serie di uova disposte in fila sulla scena: la metafora di un viaggio che Sara Simeoni compie però fisicamente, dapprima evitando con cura, e poi calpestando a piedi nudi, le uova. Ancora una volta, allora, torna anche l’idea di sporcarsi con ciò che si incontra per la strada, che si sia sulla propria terra o da essa lontani. Si comprende, così, che il ritorno a casa qui narrato è anche – soprattutto – il ritorno da un imprecisato viaggio.
Holy skin and lazy bastard si propone come un’operazione in cui non c’è nostalgia. Un’operazione anti-retorica, dunque, che intende affrancare il tema del ritorno da una trita litania sulla nostalgia per la propria terra. Ma, anche, una dissociazione anti-classica contro il sentire degli antichi, per i quali il ritorno, il nostos, era già sempre nella parola stessa nost-algia, intesa, letteralmente, come il doloroso desiderio di tornare in patria.