Pellicole on the Road: HOSTEL

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Hostel, 90′, Usa 2005

Regia, Soggetto e Sceneggiatura Eli Roth

Produttore Eli Roth, Quentin Tarantino, Boaz Yakin

Fotografia Milan Chadima

Montaggio George Folsey jr.

Musiche Nathan Barr

Interpreti Jay Fernandez (Paxton), Derek Richardson (Josh), Eythor Gudjonsson (Oli), Barbara Nadeljakova (Natalya), Jana Kaderabkova (Svetlana), Jennifer Lim  (Kana), Keiko Seiko (Yuki), Lubomir Bukovy (Alex), Jana Havlickova (Vala), Takashi Miike (Miike Takashi), Paula Wild (Monique), Paula Wild (Monique), Vladimir Silhavecky (Yuri), Vanessa Jungova (Saskia), Katerina Movelova (Dominique), Drahoslav Herzan (Bob), Philip Waley (Alfie), Mark Taylor (Brucie), Nick Roe (Stan), Roman Janecka (Roman).

Hostel è un film del 2005 diretto dal talentuoso Eli Roth e prodotto da una delle massime icone del cinema statunitense: Quentin Tarantino.  I parametri della pellicola classificano il film come un semplice splatter dalle sfumature horror, ma dentro le scene esiste un’ambientazione tramite la quale possiamo scorgere dei palesi elementi critici che si svincolano attraverso un’ardente analisi psicologico-seriale.

Percorrendo un sentiero strettamente sessista, il carattere primo del film tende a farci imbattere, con una tematizzazione caratteristica del road movie americano, in quegli astuti meccanismi simpatetici protesi verso il telespettatore Teenager, ovvero un amatore spensierato.

In Hostel siamo noi l’essere che si percuote intorno ad una livida carcassa inerme su un freddo tavolo metallico. Il nostro pathos è doppio: il godere di colui che possiede la sua preda, e l’orrore per la vittima incapace di conservare la propria volontà di vita.

La scelta di Roth, utilizzare la sessualità in ottica puerile, come filtro per giungere ad una carnalità edificata dal e nel sistema più vicino al giovane spettatore, corrisponde con il contestualizzare mondanamente la vicenda. Il lato amatoriale del film ondeggia tra una sintesi ben costruita in cui si mischiano la finzione cinematografica e la posizione che i paesi dell’est Europa sostengono nel business del turismo sessuale. Il primo elemento critico contestualizzato è la smania di un perverso gioco di ruoli che emerge dalla frase utilizzata nel trailer del film: “Io ho guadagnato con te, ora sei tu la mia puttana”. Da ciò come non far emergere la profusa tendenza capitalistica di dare un prezzo ad ogni atto; da quello sessuale a quello della morte, navighiamo in zone ambigue, lasciate alla deriva dalla nostra informazione e lungi dall’educarci agli orrori psicotico maniacali quotidiani, quali la profusione degli Snuff Movie, “momenti estetici” elevati a potenza.

I protagonisti del film sono personalità unicamente edoniste, uno specchio utile a metaforizzare il divertimento e la concezione del divertirsi che si sta imponendo unilateralmente.

Il chirurgo e il paziente sono i due cardini della pellicola di Roth. Per trovare la disposizione, il bilanciamento tra queste due posizioni, potremmo valutare la frase enunciata durante la prima scena di tortura del film, nella quale il primo chirurgo (il turista apparentemente omosessuale incontrato sul treno dai protagonisti) comunica alla sua vittima in procinto di morte la sua deontologia: “Il chirurgo ha l’essenza totale della vita, della tua vita”. Questo slogan a mio avviso racchiude l’essenza della prova dimostrata da Roth; un’opera considerabile prima di tutto come dimostrazione d’analisi sociale e che, attraverso un’esasperazione della carne e di un’ormai lontana rivalutazione dell’elemento fisico e crudo, riesce ad aprirci alla nuova disposizione dell’uomo: un essere non più compiaciuto dal normale piacere sessuale, bensì un essere ormai viziato al superamento di quest’ultimo. Tutto ciò è identificabile nella scena in cui il fuggitivo si finge chirurgo e sente un uomo ricco che sta per commettere il suo personale massacro dire: “la fica è fica, ma questa (indicando la pistola) è oltre!”.

Siamo veramente arrivati ad una tale mediazione inconscia della pulsione, così brada ed inquietante, da dover trovare e cercare il brivido dell’adrenalinico non con la carne, ma nella carne, nel macello, nella più spietata e losca mattanza?

 

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