I NERI MUSI DI UN SECOLO

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Il treno come mezzo che unisce fisicamente luoghi distanti di un’Italia fatta da poco o minacciata dal terrorismo, di un’Italia non difficile, ma impossibile da governare o di quella divisa e occupata dai nazisti. Il treno come mezzo che unisce vite che altrimenti mai si sarebbero incontrate, in cui famiglie si formano o si sciolgono, grazie al quale alcune vite prendono direzioni inaspettate e altre vengono troncate. Il treno come occasione per attraversare, con cinque racconti, la storia d’Italia dal punto di vista di persone comuni, eroi o meri superstiti, anime rappacificate con la vita o tuttora inquiete.

Questo è l’argomento de I musi neri, lettura scenica di cinque racconti – ben scritti da Marco Moriconi (non a caso, un ferroviere) e letti da un Giorgio Colangeli in grado di ipnotizzare con la sua naturalezza –

resa ancora più apprezzabile dal semplice espediente di calare la lettura stessa in una situazione, per di più tematica: il viaggio (in treno, naturalmente) dello stesso Colangeli che, annoiato dal libro che si era portato per impegnare il tempo, dedica un’attenzione sempre più convinta a dei fogli stampati, abbandonati sul sedile di fronte: cinque racconti ambientati in momenti sparsi della storia dell’Italia del ‘900 (la strage di Bologna, il fascismo, l’occupazione nazista, l’epoca Calabresi, l’attentato al rapido 904), ma in cui l’età delle voci narranti va man mano crescendo, quasi a seguire il fittizio arco di una vita.

 Tutti i racconti hanno in comune, oltre all’ambientazione ferroviaria, il punto di vista, che è quello dell’uomo comune dinanzi ai grandi fatti della storia che, lungi dal dominare la scena, restano sullo sfondo, lasciando spazio alla dimensione più intima del racconto, come si addice alla levatura del tutto ordinaria dei protagonisti. I racconti sono anche tutti in prima persona ed è questo probabilmente ad aver suggerito un secondo, felice espediente scenico: la progressiva immedesimazione, anche nell’abbigliamento, del Colangeli-personaggio (e forse non solo) con il capotreno autore dei racconti abbandonati. E, se dapprima l’immedesimazione è vissuta dal personaggio come un divertissment, alla fine del viaggio il protagonista della storia di cornice sembra non poter fare a meno di indossare la giacca e il copricapo da ferroviere, quasi ne avesse bisogno come l’aria. Sensazione che, giunti a quel punto, si poteva senz’altro dire condivisa da molti di noi spettatori.

I MUSI NERI

testi Marco Moriconi

lettura scenica Giorgio Colangeli

Regia Aureliano Amadei

Musiche Fabrizio Di Marco

dall’11 al 15 gennaio 2012, ore 21.00

Teatro Argot – Roma

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