IDENTITA’ RICOSTRUITE

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L’intricata trama di Incendi si sviluppa attorno a un conflitto ambientato in Medio Oriente. Lo intuiamo dall’iscrizione in arabo incisa da Nawal sulla lapide della nonna, azione che celebra l’istruzione come potenziale arma di riscatto dal degrado esistenziale di un paese barbaramente abbrutito dalla guerra.

Nawal è una donna coraggiosa e intelligente, ma è vittima di un odio che le ha lasciato un marchio sia nel corpo che nell’anima. Vive immersa in un clima di rancori generazionali che tenta disperatamente di spezzare, che non capisce. Individui dello stesso sangue si armano gli uni contro gli altri, miliziani spietati incendiano case e corriere, lame affilate trafiggono il cranio di inermi civili, bambini abbandonati in orfanotrofio vengono addestrati a diventare cecchini.

Per quanto geniale e ricca di colpi di scena, la storia, elaborata da Wajdi Mouawad con brillante intuito e fine sensibilità, potrebbe accomunare molte donne vittime di guerra. Essa fa parte della Tetralogia della memoria, composta da altri tre testi, Littoral, Forets, Ciel(s), opera che ha confermato questo autore francofono di origine libanese come artista di punta del teatro contemporaneo internazionale.

Nawal, la donna che canta, è il simbolo di un olocausto che continua a perpetrarsi nella storia, ciclicamente e inesorabilmente. Non basta cantare dolci nenie né raccontare fiabe d’infanzia per alleviare l’angoscia interiore.

Tra separazioni, ricerche, colpi di scena e delusioni incassate una dopo l’altra, come una sequenza di pugni nello stomaco, si arriva al disperato finale.

Tutto prende vita dalla lettura del testamento di Nawal ai figli della stessa, Jeanne e Simon, ufficiata dal notaio Lebel. I gemelli, già provati da un ostinato silenzio dietro al quale la donna, prima di morire, si era misteriosamente barricata per cinque lunghi anni, si vedono investiti di un compito tanto complicato quanto destabilizzante: trovare il loro padre e il fratello scomparso, di cui ignoravano l’esistenza.

La ricerca è un pretesto per svelare i terribili effetti di ataviche ostilità. La stessa protagonista esprime, nelle sue ultime volontà, il desiderio di essere sepolta nuda, senza bara e a faccia in giù, con il viso rivolto contro un mondo che l’ha tradita e maltrattata.

Adesso che siamo insieme va meglio, è il leitmotiv ricorrente nell’opera, applicabile alle situazioni più diverse: alla solidarietà tra Nawal e il suo fidanzato, costretti a separarsi in giovane età e ad abbandonare il loro bambino appena nato, per volere di una società retrograda; alla comunione di forze tra i due gemelli sconvolti dalla ricostruzione di un’identità attraverso terribili memorie; all’affetto tra Nawal e la compagna di prigione con la quale condivide atroci torture e violenze; alla folle ricostruzione di una famiglia ritrovata, ma con sembianze mostruose.

Nawal ha la capacità materna di accogliere questo obbrobrio, di amarlo, di perdonarlo, al di sopra di ogni ragione. Il Tribunale Internazionale dell’Aja, un processo, una foto, un terribile confronto, il silenzio interrotto dalle parole d’amore di Nawal, trascritte in commoventi lettere. Tutto ci parla di sentimenti estremi, delle misteriose sfaccettature dell’animo umano, e soprattutto dell’amore, unica arma efficace per contrastare la guerra.

INCENDI

di Wajdi Mouawad

traduzione Caterina Gozzi

regia Renzo Martinelli

con Federica Fracassi, Francesco Meola, Valentina Picello, Roberto Rustioni, Libero Stelluti

scene Renzo Martinelli

adattamento Francesca Garolla

in collaborazione con Face à Face – Parole di Francia per scene d’Italia,

Delegazione del Québec a Roma e Istitut Français Milano

 

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Webmaster - Redattore Cinema

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